News - Stone Music https://stonemusic.it Il Portale in cui batte un vero cuore rock Tue, 23 Apr 2024 12:43:18 +0000 it-IT hourly 1 https://i1.wp.com/stonemusic.it/wp-content/uploads/2019/05/cropped-favicon-1.png?fit=32%2C32&ssl=1 News - Stone Music https://stonemusic.it 32 32 178453812 VIOLET BLEND: “blend” rock graffiante https://stonemusic.it/5613/violet-blend-blend-rock-graffiante/ https://stonemusic.it/5613/violet-blend-blend-rock-graffiante/#respond Tue, 23 Apr 2024 10:00:38 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5613 I Violet Blend sono una band alternative rock italiana, originaria di Firenze e nata alla fine del 2012.

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La band, è composta da da Giada Celeste Chelli (voce e pianoforte), Gabriele Lari (chitarra), Ferruccio Baroni (basso) e Michel Agostini (batteria).

Inzialmente, il progetto Violet Blend nasce dall'incontro di Giada Celeste Chelli e Michel Agostini e dall'unione delle composizioni grunge e delle ritmiche metal. Successivamente, incontrano il punk con Steeve Rosales, alla chitarra, per poi muoversi verso l'hard rock con Gabriele Lari al basso.

Il 2016 vede un cambio di formazione, Gabriele Lari subentra alla chitarra, prima Valerio Marseglia ed in seguito Ferruccio Baroni al basso.

Lo stile della band unisce diversi generi musicali e si districa fra essi, per questo è ben espresso ironicamente nella parola "blend rock": dal graffio delle chitarre, contrapposto alla chiarezza e armonia del pianoforte. Si esprimono con giustapposizione di incisi e accordi in dissonanza e l'inconfondibile colore della voce.

L'impianto sonoro, esaltato dai frequenti sbalzi dinamici e ritmici, conduce lungo un percorso tortuoso di sentimenti e confessioni, orientando l'ascoltatore verso atmosfere sempre nuove e svariate in ognuna delle tracce.

Dai un'occhiata al sito della band e ottieni maggiori informazioni, cliccando qui!

 

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LARS ULRICH: “Se dovessi lasciare i Metallica, al mio posto vorrei…” https://stonemusic.it/5315/lars-ulrich-metallica/ https://stonemusic.it/5315/lars-ulrich-metallica/#respond Sun, 21 Apr 2024 08:25:44 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5315 E se i Metallica si trovassero ad affrontare situazioni impreviste, chi sarebbero i successori predestinati nella band? Lars Ulrich dice la sua.

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Il batterista dei Metallica, Lars Ulrich, in un'intervista ha nominato il suo ipotetico successore all'interno della band.

Se i Meteallica decidessero, un giorno, di continuare senza di lui... "Se potessi scegliere... prenderei Phil Rudd (AC/DC), solo sentendo le sue vibrazioni, posso immaginare cosa avrebbe fatto. E' stata la mia principale fonte d'ispirazione, e il suo modo di suonare è super-progressivo. Roba da pazzi. Me lo immagino Phil Rudd, suonare alle spalle di James."

In tema di successori, Ulrich ha anche discusso di un ipotetico scenario in cui uno dei musicisti dei Metallica non sia più in grado di suonare. A quel punto, che fine farebbe la band senza uno dei suoi membri fondamentali? "Questa è una delle domande più difficili cui io possa rispondere." ha esordito Ulrich. "Penso che molto dipenda dalle circostanze, cerco sempre di parlare della realtà momentanea e negli anni scorsi ho detto un sacco di cazzate, e molte sembrano perseguitarmi."

"E' difficile immaginare i Metallica in altre circostanze. E' una domanda difficile cui rispondere. Non ho davvero una risposta.".

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3 chitarre per gli Yardbirds https://stonemusic.it/8509/3-chitarre-per-gli-yardbirds/ https://stonemusic.it/8509/3-chitarre-per-gli-yardbirds/#respond Fri, 19 Apr 2024 10:00:22 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=8509 Hanno avuto Eric Clapton. Hanno avuto Jeff Beck. Hanno avuto Jimmy Page. Alla fine degli anni 60, nessun altro gruppo poteva rivaleggiare con gli Yardbirds. E senza di loro, non ci sarebbero stati i Led Zeppelin.

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Sabato notte a New York: 30 marzo 1968 – l’estate dell’odio ci è quasi addosso. Cinque notti dopo, Martin Luther King Jr sarà assassinato a Memphis. Altri due mesi e toccherà a Bobby Kennedy. Alla fine dell’anno, Richard Milhous Nixon sarà eletto 37° Presidente degli Stati Uniti. Hey Jude dei Beatles potrà anche essere il singolo più venduto dell’anno, ma è suo il lato B (Revolution) a parlare dritto al cuore della generazione di capelloni, e viaggiatori acidi in questa fredda serata primaverile sono in fila davanti all’Anderson Theatre al 66 della Second Avenue per vedere gli Yardbirds – il gruppo più groove d’Inghilterra. O meglio, ciò che ne resta. È la terza data del loro ottavo tour americano in quattro anni e anche se il chitarrista Jimmy Page e il bassista Chris Dreja non lo sanno ancora, sarà anche l’ultimo. “Avevamo perso l’entusiasmo”, ci svela oggi il batterista e cofondatore Jim McCarty. “Non avevamo più energie. Se ci fossimo presi una lunga pausa, ci fossimo seduti, riposati e presi tempo per pensare a nuove canzoni, forse saremo stati in grado di continuare. Ma a quell’epoca tutto si basava sul concetto di lavorare come muli e suonare ogni singola maledetta sera”, sospira. “Credevano che, se ti prendevi una pausa di sei mesi, nessuno si sarebbe più ricordato di te”.

Va anche detta una cosa: sarebbe sembrato a tutti un assurdo e inopportuno chiamare proprio in quel momento un time-out per quello che era uno dei più creativi, famosi e influenti gruppi dei Swinging Sixties. Famosi per hit proto-psych come For Your LoveShapes Of Things e Over, Upwards, Sideways, Down, gli Yardbirds erano anche stati la casa dei tre migliori chitarristi inglesi: Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page. Erano apparsi in film d’autore come Blow Up di Antonioni, ed erano adorati da emergenti del calibro di David Bowie, Rod Stewart, Steven Tyler, Alice Cooper, Lemmy, Gary Moore e Alex Lifeson…

«Gli Yardbirds erano sempre stati fantasticamente sgargianti, imperscrutabilmente cool, e favolosamente irraggiungibili»

Gli Yardbirds insomma erano la storia vivente – anche nel 1968. Ma anziché resistere e tramutarsi in un gruppo da Lp, cosa che tramutò i loro contemporanei Who, Kinks, Cream e Stones in superstar mondiali, alla fine degli anni 60 gli Yardbirds stavano per buttare la loro carriera nel cesso. Perché? Il problema, dice McCarty, era che “eravamo disperati. Non volevamo fare un altro tour degli Yardbirds”. Erano mesi che lui e il cantante Keith Relf discutevano tra loro di questa cosa… “Volevamo cambiare. Fare un altro tipo di canzoni, un altro tipo di musica. Qualcosa di più …rinfrescante. Dopo che ogni sera, tutte le sere, suonavi sempre la solita roba pesantissima… ci sembrava tutto senza uno scopo, un obiettivo… ma loro volevano andare avanti." ‘Loro’ erano Dreja e Page. E cazzo, certo che volevano andare avanti. O almeno, lo voleva Jimmy Page.

Quella notte all’Anderson Theatre fu un perfetto momento alla ‘sliding doors’. Basta ascoltare la registrazione live dello show – ora disponibile ufficialmente per la prima volta in YARDBIRDS ’68 (prodotto e restaurato digitalmente da Page e disponibile in diversi formati sul suo sito ufficiale) per capire cosa sarebbe potuto succedere se McCarty e Relf non avescoversero voluto smettere con tanta fermezza: non è esagerato definire il gruppo che suonò su quel palco quella sera i proto-Zeppelin. E non c’è nulla di male nel chiedersi cosa sarebbe accaduto se Page non se ne fosse andato tre mesi più tardi per trovare un nuovo cantante e una sezione ritmica con cui suonare – per creare quello che prima fu annunciato come gli Yardbirds featuring Jimmy Page, poi poche settimane dopo i New Yardbirds. E poi, ancora più improvvisamente, come un’entità del tutto nuova chiamata Led Zeppelin. In effetti, ascoltando il disco dal vivo del ’68, ‘i New Yardbirds’ sarebbe stata una descrizione più accurata della formazione che Page mise assieme nei mesi che seguirono il concerto all’Anderson Theatre. Perché era tutto già là a New York, nel marzo del 1968. Non solo l’impostazione sonora di Train Kept A-Rolling, Dazed And Confused e White Summer – ma anche quell’atteggiamento un po’ spocchioso alla ‘Non provateci nemmeno, siamo di gran lunga superiori a voi tutti’...

Leggi l'articolo completo nella cover story di gennaio di Classic Rock Italia! Disponibile anche online cliccando qui!

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La Taniére d’Amèlie: il nostro favoloso mondo alternativo https://stonemusic.it/7869/la-taniere-damelie/ https://stonemusic.it/7869/la-taniere-damelie/#respond Sun, 14 Apr 2024 08:39:51 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=7869 È la bellissima voce di Benedetta Giovagnini a guidare La Taniére d’Amèlie, insieme ad Andrea Boldi e Riccardo Lanzi. Una band che non ama etichettarsi...

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Così La Taniére d’Amèlie si raccontano, in un gioco di evocazioni e contraddizioni.

Com’è nata l’avventura La Taniére d’Amèlie?
Ci siamo conosciuti nel 2011 durante la terza edizione del Premio Valentina Giovagnini, festival musicale dove erano stati invitati i FumiProFumi, la band indie rock dove allora militavano Andrea e Riccardo. Da li è nata un’amicizia, una frequentazione e un rapporto di reciproca stima che ci ha convinti nel 2015 a iniziare un percorso comune.

Cosa significa La Taniére d’Amèlie? 
Approcciandosi a questo nome, viene immediato riferirsi a quel capolavoro del cinema francese che Jean-Pierre Jeunet ha portato al buio della sala all’inizio del millennio (Il favoloso mondo di Amelie, appunto), film romantico e a tinte pastello. Lo abbiamo volontariamente sporcato, associandolo alla parola “tanière”: covo, luogo dell’illecito per definizione. La Tanière d’Amélie è un gioco di richiami e citazioni, di coesistenza fra realtà contraddittorie.

Benedetta, tu hai partecipato a The Voice of Italy. Come mai hai deciso di abbandonare l’idea di una carriera da solista?
The Voice è stata un’esperienza positiva sotto tutti i punti di vista. Ma non vedo questo mio nuovo progetto come un abbandono della carriera solista, ho semplicemente deciso di condividere il mio percorso con due amici musicisti che hanno arricchito il mio background musicale sotto ogni punto di vista. Anzi, mai come adesso sto facendo la musica che più mi appartiene e mi piace fare.

Il brano con cui vi siete aggiudicati il contest, Un buco nell’anima, è stato definito il punto più alto della vostra produzione artistica. Siete d’accordo?
Senza dubbio, è il progetto dove vanno a confluire in maggior misura le nostre rispettive conoscenze e influenze musicali che traggono la loro origine dal mondo del blues. Un buco nell’anima presta particolare attenzione alla ricerca della sonorità, al colore della musica, all’importanza della parola. Quest’anima blues le conferisce ancora più potenza comunicativa.

Chi è l’autore dei vostri brani? 
Ai testi penso io (Andrea). Nella creazione di una lirica m’ispiro alle cose che mi piacciono e le declino nella forma canzone. Che siano libri, film, videogames, nonché ritagli di vissuto quotidiano: non c’è nulla che non dia buoni spunti da rielaborare per fare un buon testo.

Avete altri progetti in cantiere? 
A giugno 2016 è uscito il nostro primo Ep, composto da 8 brani inediti. È stato accolto positivamente e questo ha rappresentato per noi la spinta a continuare a lavorare in questa direzione, tanto che già stiamo scrivendo nuovi brani e stiamo già pensando a un nuovo album.

Vi etichettate in un genere particolare? 
Non ci riconosciamo in un genere particolare, anche se un pochino ci piace definirci “alternative”. Amiamo spaziare fra generi che ci piacciono, dal jazz all’elettronica, dal rock al folk. È questo il bello della nicchia, la grande libertà creativa che ti lascia.

Ultimamente, i nostri contest vedono in finale molte voci femminili, cosa ne pensate?
Il rock ha spesso avuto come protagoniste donne che tutt’oggi continuano a essere delle vere e proprie icone. Come in tutti i settori, esistono persone più o meno capaci e meritevoli, indipendentemente dal sesso. Noi possiamo solo dire di avere un’ottima vocal performer e sperare di ritagliarci un posticino minuto fra i “bravi”.

 

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DAVID BOWIE: ascolta la demo inedita di Let’s Dance https://stonemusic.it/8281/david-bowie-demo-inedita-lets-dance/ https://stonemusic.it/8281/david-bowie-demo-inedita-lets-dance/#respond Fri, 12 Apr 2024 15:48:52 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=8281 Hai mai ascoltato questa demo inedita di Let's Dance di DAVID BOWIE? Ascolta la traccia qui!

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L'8 gennaio, David Bowie avrebbe compiuto settantasette anni. Ma nonostante gli anni passino, il duca bianco rimane una costante nelle nostre vite. La Parlophone Records ha pubblicato online una demo inedita di "Let's Dance", l'iconica traccia di David Bowie, pubblicata come title track dell'album del 1983. Clicca qui per ascoltare la versione inedita di Let's Dance di David Bowie!

La demo, fu registrata presso i Mountain Studios di Montreux nel dicembre dell'82, in Svizzera. Alla sessione di registrazione, partecipò Nile Rodgers, che ha dichiarato sul sito ufficiale dell'etichetta discografica: "Mi svegliai in quella che fu la mia prima mattina a Montreaux con David che mi fissava. Aveva in mano una chitarra acustica e mi disse: 'Nile, caro, credo proprio che questa sia una hit!'.

 

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DEF LEPPARD: “Hysteria è la cosa migliore che abbiamo mai fatto” https://stonemusic.it/8141/def-leppard-hysteria-phil-collen/ https://stonemusic.it/8141/def-leppard-hysteria-phil-collen/#respond Wed, 10 Apr 2024 12:38:44 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=8141 Il chitarrista dei Def Leppard, Phil Collen, si guarda indietro e ripensa al capolavoro trentennale della sua carriera: Hysteria...

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Il chitarrista dei Def Leppard, Phil Collen, ha ripensato al classico album della band del 1987, Hysteria. Il seguito di Pyromania, del 1983, fu un vero e proprio successo, che portò alla band oltre 25 milioni di vendite in giro per il globo, e generò alcuni singoli di incredibile successo. Collen, in una recente intervista ha dichiarato: "Penso che sia la cosa migliore che abbiamo mai fatto. La maggior parte del merito va al produttore Mutt Lange, perchè ci ha davvero spinto a fare qualcosa di diverso", ha detto lodando il produttore.

 

"La prima cosa che ci disse fu: 'Non possiamo fare Pyromania 2, perché qualsiasi altra rock band al mondo ci sta già pensando. Dobbiamo scavare un po' più a fondo, e sarà dura. Vi aspetterà un sacco di lavoro'. Probabilmente Jimi Hendrix l'avrebbe potuto fare anche nel sonno, ma noi comuni mortali abbiamo dovuto lavorarci sodo. Ed eccoci qui, trent'anni dopo, ne stiamo ancora parlando." ha raccontato Phil Collen. "Il fatto è che molti chitarristi leggono dallo stesso spartito, suonano dagli stessi riff. Con quell'album invece, abbiamo lavorato e abbiamo raggiunto un obiettivo. Mutt ci ha insegnato a cantare e suonare meglio. Sono uscito da Hysteria come un musicista migliore, questo è certo."

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La vita e tutto il resto secondo Tony Iommi https://stonemusic.it/8109/vita-toni-iommi/ https://stonemusic.it/8109/vita-toni-iommi/#respond Mon, 08 Apr 2024 10:28:40 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=8109 Ecco le riflessioni dell'icona dell’heavy metal, Tony Iommi, a proposito degli insegnamenti ricevuti da una vita abbastanza movimentata.

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È un orgoglioso cittadino di Birmingham che suona canzoni sul diavolo, ma che ha anche i suoi angeli custodi. Ha ottenuto fama e successo oltre ogni immaginazione, vendendo milioni di dischi e suonando davanti a milioni di fan con un gruppo che è stato tra i padri fondatori dell’heavy metal. Gli incidenti di percorso sono stati dei veri incubi – tra varie ed eventuali, anche una diagnosi di cancro.

Tony Iommi: "Credete sempre nell'impossibile!"

Ho perso la punta di due dita in un incidente sul lavoro. Era il mio ultimo giorno, stavo per lasciare quella fabbrica di lamiere per diventare musicista professionista. Avevo solo 17 anni e i medici mi dissero che provare a continuare a suonare la chitarra non aveva senso. Io però non ho mollato e alla fine ho trovato un sistema. E quest’attitudine ce l’ho avuta per tutta la vita: non ho mai mollato quando qualche membro del gruppo è andato via. Trovi un sostituto e vai avanti. E alla fine, comunque, siamo tornati insieme.

Tony Iommi: "I miei riff? Non ho idea da dove vengano"

Ma sono grato che ci siano. Arrivano dal nulla, non è che mi siedo lì a studiarli. Mi vengono e basta. È molto strano: mi siedo a suonare e in dieci minuti mi vengono due o tre riff. Qualcuno fa un po’ schifo, ma la maggior parte è utilizzabile. Sono una frana in molte altre cose, ma se c’è una cosa nella vita che mi riesce bene, quella sono i riff.

 

L'ultimo concerto dei Black Sabbath è stato strano, i primi invece facevano schifo

È una sensazione che si è sviluppata man mano che ci stavamo avvicinando a quell’ultimo concerto alla Genting Arena, ma che ho iniziato ad avvertire davvero solo il giorno stesso dello show. Guardavo il pubblico durante le ultime canzoni e c’era gente che piangeva. Sei un idolo per loro e amano ciò che fai, e da una parte mi sentivo come se li stessi deludendo. Che peccato!
Come siamo riusciti ad affermarci partendo da quei giorni, non saprei dirlo precisamente. Suonavamo in posti in cui nessuno era interessato. Oppure posti in cui  a gente pensava fossimo lì per suonare pop. Ricordo una serata in un posto a Egremont, il Toe Bar, dove un tizio si mise a urlare: “Il vostro cantante fa schifo!”. Fu davvero imbarazzante. Ovviamente, con il passare degli anni siamo migliorati, ma abbiamo dovuto educare il pubblico – e anche noi stessi – al nostro tipo di proposta, che era così diversa dal resto. È stato un processo di apprendimento.

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QUEEN: la copertina pazzesca di News Of The World https://stonemusic.it/7029/queen-la-copertina-pazzesca-di-news-of-the-world/ https://stonemusic.it/7029/queen-la-copertina-pazzesca-di-news-of-the-world/#respond Sun, 31 Mar 2024 10:03:10 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=7029 O di come i Queen coinvolsero un maestro dell’illustrazione fantasy e sci-fi per la copertina di NEWS OF THE WORLD...

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Pensate alla copertina di un disco dei Queen. Ci sono buone possibilità che se non stiate pensando alle teste fluttuanti nell’ombra raffigurate da Mick Rock per QUEEN II, allora abbiate scelto il gigantesco e impassibile robot che si s taglia su NEWS OF THE WORLD. Esteticamente – per non dir e anche musicalmente – il sesto disco dei Queen in studio fu una rottura con il passato. I loro due dischi precedenti – A NIGHT AT THE OPERA del 1975 e A DAY AT THE RACES del 1976 – erano stati esercizi di minimalismo, con lo stemma progettato da Mercury e uno sfondo monocromatico.

Per NOTW lo spunto venne quando Roger Taylor scoprì un vecchio numero 3 della rivis ta di fantascienza USA «Astounding Science Fiction». Sulla copertina c’era il robot che ormai conosciamo bene, ma qui, nella sua forma originale, teneva in mano un c adavere, gli occhi freddi e vuoti, apparentemente incapace di rendersi conto del crimine che aveva appena commesso. Il gruppo, ovviamente, non voleva limitarsi a riprodurre l’immagine, per cui rintracciò l’autore dell’illustrazione, Frank Kelly Fres, per concordare un adattamento. Nel mondo dell’illustrazione di fantascienza, Freas era una super star. Era stato il primo artista a vincere 10 premi Hugo (gli ‘Oscar della Sci-Fi Art’) e aveva illustrato opere dei nomi più import anti del genere come Isaac Asimov e Robert Heinlein. Il suo lavoro più famoso però era di tutt’altro genere. Freas infatti era l’ideatore di Alfred E. Neumann, il simbolo della rivis ta «MAD».

Foto via: nz.pinterest.com

Un Robot gigante protagonista di NEWS OF THE WORLD

Freas acconsentì a modificare il disegno, adattandolo per NEWS OF THE WORLD: il robot avrebbe avuto tra le grinfie i corpi insanguinati di May e Mercury, mentre Taylor e Deacon cadevano al suolo come bambole rotte. Se si apriva la copertina gatefold, si poteva vedere il mostro di acciaio che si abbassava per pescare vittime dalla folla terrorizzata. Era e restava un’immagine spietata, stranamente inquietante, come mostrato nell’episodio dei Griffin del 2 012 Killer Queen, dove Stevie il figlio piccolo della famiglia Griffin è terrorizzato dalla copertina del disco (episodio basato sui ricordi d’infanzia di Seth McFarlane, l’autore dei Griffin).

I Queen non hanno mai avuto una mascotte come Eddie, Rose o Snaggletooth, ma l’affetto per il colosso metallico di NEWS OF THE WORLD – a cui Brain May si riferisce chiamandolo ‘Frank’ – è palpabile. Lo abbiamo visto apparire sotto forma di cammeo nel corso di molte date del tour del gruppo con Adam Lambert. Il 23 giugno 2017 alla Gila River Arena in Arizona, i primi arrivati lo hanno visto sfondare un muro fatto di schermi prima di We Will Rock You, apparire sui tamburi della batteria di Taylor, infastidire May durante un assolo e minacciare di rubare la scena ad Adam Lambert quando quest’ultimo ha cantato Killer Queen sulla testa del robot.

Questo articolo compare originariamente nel numero #58 di Classic Rock Italia.

Testo: Henry Yates

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System Flaw: hard rock puro e nitido https://stonemusic.it/6667/system-flaw/ https://stonemusic.it/6667/system-flaw/#respond Fri, 29 Mar 2024 09:25:54 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=6667 I System Flaw sono una band rock nata nel 2016, ed ecco la nostra intervista!

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Formati da Karin alla voce, Stefano alla chitarra e cori, Marco al basso e Simone alla batteria, sono alla ricerca di un tastierista che si unisca stabilmente alla band. Il loro stile è influenzato dai diversi background musicali dei componenti, passando dal rock al metal, con un pizzico di pop.

Com’è nato questo progetto musicale?
Stex: L’idea è stata mia e di Karin. Abbiamo cominciato suonando qualche cover acustica, poi ascoltando gli inediti di Karin abbiamo deciso di cambiare strada. I suoi brani mi sono piaciuti molto. Nel dicembre 2016 abbiamo cercato altri elementi con cui mettere su i System Flaw e di lì a poco abbiamo registrato il nostro primo video. Turn Back the Hands of Time è stato presentato su YouTube subito dopo e a oggi supera le 13.000 visualizzazioni.

Venite da esperienze musicali precedenti?
Sì. Stefano ha suonato negli Omega3 e Karin è stata una solista.

Vi siete aggiudicati il contest proprio con Turn Back the Hands of Time. Cantante soltanto in inglese?
Karin: Avendo la “r” moscia, canto soltanto in inglese. Mentre Stefano, coi suoi sei anni negli Omega3, ha trascorsi in italiano. C’è anche da dire che con questo tipo di musica sarebbe troppo difficile, vogliamo muoverci nel rock, quello più crudo, e con l’italiano perderemmo parecchio. Anche con chitarrone e batterie potenti continueremmo a essere un po’ “popettari”e non è il risultato finale a cui puntiamo.

Dove puntate?
Stex: Facendolo come mestiere, Karin vorrebbe puntare al massimo. Io resto coi piedi per terra, perché conosco bene la situazione italiana e so che è molto difficile. Ci piacerebbe suonare all’estero, e penso che il mercato dell’est Europa abbia molto da offrire, sarebbe davvero interessante.

Futuri progetti? Avete un Ep in programma?
Sì, abbiamo 7 o 8 pezzi già pronti, ne mancano davvero pochi e vorremmo fare un Ep il prima possibile. Pensiamo e vorremmo uscire per la fine di novembre, forse MESSENGER potrebbe essere un bel titolo, come uno dei brani che ne faranno parte.

Come avete deciso di partecipare al contest di «Classic Rock»?
Hanno partecipato alcuni nostri colleghi e ci siamo interessati. Due etichette discografiche ci hanno già contattato. Ha tirato fuori qualcosa di buono e inaspettato.

Il vostro repertorio è composto sia da cover che inediti…
Il nostro Ep proporrà solamente inediti. Per il live stiamo preparando anche qualche cover, ma in generale i nostri brani sono scritti da Karin, ispirati da tutto ciò che abbiamo ascoltato in passato – dai Nirvana agli Evanescence, fino a Jimi Hendrix. Restiamo sul classico.

Com’è il vostro pubblico?
I nostri fan sono piuttosto variegati, ci scrivono anche dall’estero e l’età media lì è molto giovane, già dai 16 anni, mentre in Italia il pubblico è un po’ più grande. Per il momento, siamo molto soddisfatti e il primo impatto è stato più che positivo.

 

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Nickelback: figli di un Grunge minore https://stonemusic.it/6476/nickelback-grunge-minore/ https://stonemusic.it/6476/nickelback-grunge-minore/#respond Mon, 25 Mar 2024 09:14:01 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=6476 Davvero bizzarro e tortuoso il sentiero percorso dai NICKELBACK: nei loro vent’anni hanno esordito da sfigatelli postadolescenti, e poi?

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Il tortuoso percorso dei Nickelback e la forzatura del post-Grunge

Davvero bizzarro e tortuoso il sentiero percorso dai Nick’ nei loro vent’anni, nel dorato ma tremendo panorama del music-biz, che li ha visti esordire da sfigatelli postadolescenti sulla via di quello che si tentò di chiamare a forza post-grunge ma che, almeno per CURB (il loro esordio autoprodotto del 1996) sembrava il  classico “Quattro anni per riordinare le idee”, ed ecco che nel 2000 vede la luce THE STATE, che incanala la band sulla via già tracciata da nomi come Drowning Pool, P.O.D., Godsmack e un pizzico di Silverchair ma non va oltre il numero 130 delle charts USA.

La Roadrunner ci crede e a un anno di distanza stampa SILVER SIDE UP, dove compaiono tematiche personali che sfociano sia in brani dalle chitarre sature ma anche in malinconie acustiche agrodolci, anche se il  suono che esce fuori pare oggi un po’ datato, con una produzione a metà strada fra Creed e Staind. How You Remind Me però è il singolo giusto per tutti i nerd malinco-grunge del nuovo millennio.

La progressiva mutazione dei Nickelback e l'eco del Grunge

Poi nel 2003 esce THE LONG ROAD, e la progressiva mutazione rivela una discreta consistenza compositiva, sempre riecheggiante l’enfasi della Seattle alternative, ma rivestendo i brani di un tocco radiofonico al passo coi gusti del terzo millennio. In definitiva, si rinnova la  formula dell’album precedente, con un suono più pulito ma al tempo stesso pompatissimo, con buona pace dei subwoofer di centinaia di migliaia di auto americane.

La consacrazione arriva con ALL THE RIGHT REASONS, un’esplosione che tocca più livelli di percezione, dove, alla fama crescente, fa eco una  consistente pletora di agguerriti detrattori, pronti anche ad analizzare i testi di Chad Kroeger pur di spernacchiare i contenuti dei loro dischi. Ma in questi solchi  avviene la completa mutazione verso un sound invero coraggioso e originale, nel tentativo di mettere a comune denominatore due facce del rock in totale antitesi  tra loro: le reminiscenze di Alice in Chains e Pearl Jam in uno scontro frontale con un heavy rock radiofonico memore di certe armonie AOR, in anticipo su quanto faranno band come Alter Bridge, che, al contrario, saranno accolti con maggiore benevolenza critica.

"Feed The Machine" dei Nickelback ci stupirà?

Ci vorranno tre anni per ascoltare un loro nuovo album,  ma ormai la band ha trovato la dimensione congeniale e DARK HORSE rinnova la strada a doppia corsia tra i due estremi toccati, e ancora una volta la scelta del produttore sarà fondamentale: parliamo di Matt Lange, l’uomo di BACK IN BLACK e PYROMANIA, con Chad a divincolarsi tra sguaiati, laidi doppi sensi discretamente misogini e ballate a fior di pelle con enfasi da soundtrack. In pieno controllo di se stessi, nel 2011 tirano fuori HERE AND NOW, il loro album più  eclettico, tra echi power pop geneticamente modificato, disco-rock aggiornato al terzo millennio e l’immancabile dose di sarcasmo scollacciato figlio della t etralogia di American Pie. Come sempre accade, a una salita repentina segue una discesa degna di una montagna russa e nel 2014 NO FIXED ADDRESS,  decisamente stanco e ripetitivo nei brani proposti, si ferma ad appena 300.000 copie negli USA ed è ignorato quasi ovunque.

Tocca ora a FEED THE MACHINE far capire se si è trattato solo di una sbandata…

Leggi di più e la nostra intervista ai Nickelback nel nuovo numero di Classic Rock Italia #57! In edicola da fine luglio.

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LEGGENDE METROPOLITANE DEL ROCK: il vicino di casa delle rockstar https://stonemusic.it/5369/leggende-metropolitane-del-rock-il-vicino-di-casa-delle-rockstar/ https://stonemusic.it/5369/leggende-metropolitane-del-rock-il-vicino-di-casa-delle-rockstar/#respond Tue, 19 Mar 2024 09:11:29 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5369 Un autore di romanzi gialli nascosto sotto falso nome e un vicino di casa di tutto rispetto, David Gilmour, dell'amico poi non parliamone, Leonard Cohen.

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Renato è un autore di romanzi gialli. Ne scrive e ne pubblica tanti, tutti sotto lo pseudonimo anglofono che la casa editrice gli ha suggerito di usare, confidando, e a ragione, nel fascino discreto di un nome che rimandasse all’aristocrazia britannica. A cinquantaquattro anni, ha collezionato una settantina di bestseller e  abbastanza soldi da potersi permettere di vivere agiatamente e accettare il doloroso anonimato imposto al suo ego.

Quando i suoi amici gli rimproverano scarso coraggio nel prendersi il rischio di pubblicare finalmente qualcosa con il suo vero nome, lui risponde alzando un po’ le spalle, sorridendo e, in genere, versandosi da bere. Non conosce altri rimedi contro quel tipo di frustrazione, se non, appunto, glissare e concedersi un buon bicchiere di whisky e un vinile dei Pink Floyd,  uno qualsiasi, tanto li possiede tutti e in doppia copia. In ATOM HEART MOTHER ha trovato la serenità per risolvere i problemi col mutuo, in THE DARK SIDE OF THE MOON la forza di affrontare il difficile divorzio e ANIMALS lo ha aiutato ad accettare lo smacco di aver incassato un assegno da 60 milioni di lire per la  ristampa di Chiamami delitto!, giallacccio ambientato in Cornovaglia, dove il famoso detective Brandon rischia di rimetterci la pelle.

Così, una volta acquistata  casa, pagato tutti gli alimenti e le tasse universitarie per il figlio, Renato ha deciso di togliersi degli sfizi, come imparare a suonare la  chitarra, comprare una villa in un’isola greca, farsi qualche lungo viaggio. Da qualche tempo, poi, su quell’isola greca, Hydra, ci passa dieci mesi l’anno; è lì che ha scritto Rock can kill you, il libro a cui si è affezionato di più, quello in cui Brandon deve salvare la vita a un musicista famoso che assomiglia davvero tanto a  Roger Waters e che, guarda caso, ha problemi con gli altri componenti della sua band.

Il libro era stato un successo e anche la risorsa per una sostanziosa pensione integrativa. Evento da festeggiare in grande stile e con una festa nella casa di Hydra, alla quale aveva deciso di invitare anche i misteriosi proprietari  delle due ville confinanti. A party iniziato, Renato imbraccia la chitarra e attacca uno dei suoi classici rompighiaccio, Wish You Were Here. La sta ancora  suonando quando un amico gli fa cenno di andare all’ingresso. Profondamente seccato, Renato si reca al cancello della villa e strilla al guardiano di far passare i ritardatari che, invece, gli si avvicinano porgendogli una cesta di birre.

Leonard, piacere”, gli dice uno  dei due, tendendogli la mano. Renato non riesce più a respirare, ma fa del suo meglio per dare una stretta di mano decente a Leonard Cohen. Cohen si fa passare  la cesta di birre dall’altro invitato che, quindi, si fa anche lui avanti per presentarsi. Renato, che sta per avere un infarto e che ormai pensa soltanto a sopravvivere quei secondi sufficienti per raccontare la vicenda, rimane con il braccio teso e paralizzato, mentre David Gilmour finisce  le presentazioni. Dopo altri quattro giri di birre, i tre si mettono a suonare insieme, passando da Proud Mary a Bella ciao, per la gioia degli ospiti e dei posteri a cui quella festa viene ancora raccontata come La madre di tutte le feste.

Due giorni dopo, arrostendo pesce spada sul barbecue del suo giardino, Gilmour spiegava a Leonard che Renato è la testa e la penna che si nascondono dietro al nome di Sir Robert Downey, e sottolineava quanto lui e Leonard fossero entrambi grandi fan del detective Brandon. “Anzi, a questo proposito avrei un favore da chiederti…”, dice Gilmour a Renato. Nell’inatteso sequel di Rock can kill you, pubblicato qualche mese dopo, Brandon non riuscirà a salvare la vita del  musicista così simile a Waters, che sarà, infatti, ucciso a sangue freddo da un certo David, efferato assassino e chitarrista provetto. Il libro, dedicato all’amico Leonard, indimenticabile poeta e viaggiatore, è, a oggi, il giallo di maggior successo di Sir Robert Downey.

Testo: Cristiana Turchetti

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LAMAREA: la nostra intervista https://stonemusic.it/5091/lamarea-la-nostra-intervista/ https://stonemusic.it/5091/lamarea-la-nostra-intervista/#respond Mon, 18 Mar 2024 09:48:07 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5091 La nostra intervista alla band italiana Lamarea: quando si raccontano, dicono di essere nati dall'estremo bisogno di musica...

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Lamarea sono un gruppo versiliese di quattro ragazzi, amici da sempre. Quando si descrivono, dicono di essere nati dall'estremo bisogno di musica, così hanno trasformato in note un po’ delle loro vite. Hanno debuttato con l’album “Oltre”, uscito a dicembre del 2016, un disco ispirato al cambiamento e al viaggio attraverso l’esistenza, dal sapore pop-rock.

 

Quando comincia la storia dei Lamarea?

"Con l’attuale formazione nel novembre 2015, è una cosa abbastanza recente. Veniamo dalla provincia di Lucca, da Camaiore. Da allora abbiamo tenuto diversi concerti e live, ma non siamo ancora riusciti a muoverci in tutta Italia, anche se siamo stati in Liguria e diverse volte a Roma."

“Torno a splendere”, il brano con cui vi siete aggiudicati il contest, è molto intimo. Chi l’ha scritto?

"Lo ha scritto Alessandro. L’ispirazione per questo brano è venuta durante un periodo non troppo felice, quando è finita una storia che durava da diversi anni. La canzone però non si limita a questo, parla di tutti quei rapporti che ti lasciano una traccia, nonostante finiscano. Non è un brano rivolto all’amore, piuttosto a tutte le relazioni. Normalmente le nostre canzoni sono scritte con un lavoro di squadra, uno di noi porta un’idea e da lì sviluppiamo il tutto."

A dicembre siete usciti con l’album “Oltre”, avete altri progetti in cantiere?

"Noi stiamo continuando a scrivere, abbiamo già una decina di nuovi brani. Per il momento continueremo a suonare dal vivo i brani di Oltre. Abbiamo diversi appuntamenti in questo periodo, il disco ha avuto un discreto successo. Per essere un primo album ha fatto una buona impressione. Cerchiamo di tenerci impegnati e non stare mai fermi."

Avete un’etichetta discografica?

"No, l’album è completamente autoprodotto e autofinanziato (soprattutto). Per quanto riguarda il video abbiamo collaborato con uno studio “viareggino”, The Red Box Studio, di Gioacchino Magnani e Giacomo Dulise. Abbiamo collaborato con loro per “Torno a Splendere” e “Gioco di Specchi”, a breve uscirà anche “La Marea”…"

Ci avete scritto che la vostra esperienza nasce dal bisogno di musica, ma quando è iniziata la vostra avventura come musicisti?

Alessandro: "In casa è sempre stata un’esigenza cantare. Mia nonna cantava per tutto il giorno, così anche mia madre. L’approccio al canto per me nasce proprio nell’ambiente familiare. E così per tutti noi: quando nasci in un’ambiente in cui la musica ha una forte presenza, ti inserisci naturalmente. Suoniamo tutti da una decina d’anni."

A quali artisti vi ispirate?

"In realtà molti, ognuno di noi porta con sé parte proprio bagaglio. Siamo diversi, veniamo da generi differenti. Ci siamo ritrovati nel pop-rock, e nel nostro progetto racchiudiamo tutte le nostre esperienze."

Quali erano le vostre aspettative quando avete iniziato? E ora?

"Non credo avessimo aspettative, la band era qualcosa nata per gioco. Eravamo tutti musicisti, e abbiamo pensato soltanto “Divertiamoci!”, ognuno di noi aveva altri progetti paralleli. Invece ora ci piacerebbe portare la nostra musica al di fuori, diffonderla il più possibile."

Che ne pensate del panorama musicale in Italia?

"Purtroppo, forse anche a causa dei vari talent, ci siano tanti prodotti destinati meramente al commercio. Sono prodotti immediati che non hanno una grande anima dietro, dopo pochi mesi svaniscono nel nulla. Ci sono cantautori molto meno famosi, molto più validi. Noi personalmente non crediamo ai talent show, per ora almeno, non è una nostra priorità."

E per quanto riguarda il vostro ultimo album, “Oltre”?

"E’ un album che parla del cambiamento, del cambiamento dell’uomo attraverso la vita, i rapporti personali e con il mondo circostante. Ci sono voluti ben nove mesi di gestazione prima che potesse venire alla luce. E’ un album sincero, ci rispecchia veramente alla grande. Riflette alla perfezione la maturità di un gruppo emergente come il nostro."

Intervista di Giulia Novi

Se vuoi conoscere meglio i ragazzi de Lamarea, conoscere i loro prossimi appuntamenti e concerti, clicca qui!

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PAUL STANLEY: la Marilyn Monroe del Rock https://stonemusic.it/5568/paul-stanley-starchild-kiss/ https://stonemusic.it/5568/paul-stanley-starchild-kiss/#respond Fri, 15 Mar 2024 10:36:39 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5568 Sul palco è il lascivo Starchild, il Dio del Rock che zittisce i critici, che rocka e rolla tutta la notte e si scatena. Ma lontano dalle scene...

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 Ma lontano dalle scene, Paul Stanley è un uomo di casa, uno chef, un salutista e un padre di famiglia che fin dall’infanzia cela una menomazione che solo da poco è arrivato ad accettare.

Ti accorgi che ci si sta avvicinando a casa di Paul Stanley perché le orecchie schioccano. Ovviamente, la cosa non ha nulla a che fare con il falsetto lancinante del frontman dei Kiss, che ha aiutato il gruppo a vendere oltre 100 milioni di dischi negli ultimi 45 anni. Il motivo è che Stanley vive sulle montagne della contea di Santa Monica, al di sopra della linea degli alberi, in una villa che si diverte a chiamare “la casa costruita sulle recensioni negative”. E ha ragione.

I fan adorano i Kiss ma la critica no, e li ha attaccati fin da quando il gruppo debuttò a New York nel 1973, con zatteroni alti dieci centimetri, vestiti di pelle nera e un make up che definire pacchiano era poco. Per i loro fan, i Kiss sono sempre stati molto più di un semplice gruppo. Erano uno stile di vita, un luogo dove il sentirsi diversi era celebrato, dove i ragazzi erano uomini, le donne erano tutte groupie strafiche e nessuno doveva mai abbassare il volume. Per i critici, invece, erano solo irritanti. Non riuscivano a digerire come quattro individui (per la maggior parte) intelligenti e in qualche modo eruditi facessero volutamente i buffoni, servendosi di identità da fumetto e una musica elementare che prometteva solamente di ‘rock’n’roll all night and party every day’.

Foto via: easyxana.altervista.org

Anche se in effetti i Kiss incarnavano ogni singolo elemento vero del rock’n’roll, per ben 15 anni gli è stato negato (mai ufficialmente, ma la volontà di escluderli era evidente a tutti)  l’accesso nella Rock and Roll Hall of FameDave Marsh, autore di best seller e co-fondatore della rivista «Creem», nonché membro del comitato per le nomination alla Rock and Roll Hall of Fame, dichiarò nel 2011: “I Kiss non saranno mai un gruppo valido, e ho fatto di tutto per tenerli sempre fuori dai ballottaggi”. Fortunatamente, il gruppo aveva dalla sua sostenitori del calibro di Tom Morello, che si autodefinisce “un rumoroso e puntiglioso sostenitore del diritto dei Kiss di essere ammessi alla Rock and Roll Hall of Fame”. Qualcuno deve averlo ascoltato, perché finalmente nel 2014 i Kiss furono accolti nella Hall dallo stesso Morello. Ma il chitarrista dei Rage Against The Machine non è il solo autore contemporaneo che riconosce il suo debito verso i Kiss.

Garth Books ha dichiarato che i Kiss sono stati i suoi Beatles, e Dave Grohl li segue con passione da 40 anni. “Ogni mattina, prima dell’inizio delle lezioni, passo il tempo assieme a Paul Stanley nel parcheggio della fottuta scuola elementare dei nostri figli”, rivelò Grohl qualche tempo fa. Confessò che parlavano degli Zeppelin, di ELECTRIC LADYLAND, delle fatiche dell’andare in tour e ovviamente di come raccogliere fondi per la scuola – con cose tipo il concerto che i Foo Fighters organizzarono lo scorso ottobre e che vide Stanley salire sul palco per le cover di Whole Ltta Love dei Led Zeppelin e di It’s Only Rock’n’Roll (But I Like It) dei Rolling Stones.

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JIMI HENDRIX: gli scatti più iconici https://stonemusic.it/5118/jimi-hendrix/ https://stonemusic.it/5118/jimi-hendrix/#respond Wed, 13 Mar 2024 14:37:24 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5118 “Conserva qualche scatto per quel tipo, Jimi Hendrix…” Così un fotografo disse a Ed Caraeff a Monterey. Parole sagge...

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Così un fotografo disse a Ed Caraeff a Monterey. Parole sagge, visto che Ed sarebbe riuscito a scattare alcune delle foto più famose di Jimi. Oggi, sono nel suo nuovo libro.

"Al liceo facevo il fotografo. Non è che pensassi di farlo anche dopo, come lavoro. È solo che mi piaceva la fotografia, e il mio insegnante, Mr Meade, era un tipo che dava retta agli studenti, non come certi altri insegnanti che avevo avuto." Racconta nel libro, e di come si sia ritrovato per puro caso ad essere un "fotografo rock'n'roll", grazie alla vicinanza dell'aeroporto al suo liceo e all'arrivo, saltuariamente, di qualche band...

"Qualche anno dopo, e dopo una bella gavetta passata a fare e vendere foto dei gruppi che passavano dalle parti di Hollywood, sentii parlare del festival pop di Monterey.

Tramite i miei contatti riuscii a ottenere un pass come fotografo. Ci andai con degli amici, compreso Rodney Bingenheimer: Rodney era – ed è ancora - il tipo da cui andare a LA per avere delle dritte su tutto ciò che è cool. Quando toccò a Hendrix salire sul palco, nessuno di noi sapeva chi fosse. Ma un fotografo tedesco – non me lo scorderò mai – mi disse: “Conserva qualche scatto per questo tipo, Jimi Hendrix”. Fu una performance folle, intensissima. Quando finì il set, Hendrix cadde in ginocchio, sparse il liquido per gli accendini sulla chitarra e usando dei fiammiferi le diede fuoco." Così sono nati gli scatti più famosi dell'icona più distruttiva del rock.

Tratto dal numero 55 di Classic Rock Italia

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Quando al concerto dei Litfiba un fan venne colpito da un microfono https://stonemusic.it/4760/litfiba-concerto-microfono/ https://stonemusic.it/4760/litfiba-concerto-microfono/#respond Mon, 11 Mar 2024 09:02:06 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=4760 Ecco il video del leggendario concerto dei Litfiba all'Assago Forum, per la loro reunion. Un malcapitato fan modenese però, è uscito dal concerto con un malleolo rotto.

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Piero Pelù, sembrò aver inavvertitamente perso il controllo del suo microfono, colpendo l'uomo. Quel che più ha indisposto i presenti, sono state le mancate scuse del frontman e di tutta la troupe.

La vicenda non si è conclusa qui: scattò anche una denuncia nei confronti di Piero Pelù. Così iniziarono anche le polemiche e i due schieramenti. Da una parte, il pubblico, accusa il modenese di essere in cerca di pubblicità, e lui, tramite Facebook, ha replicato dicendo: “Non ne ho certo bisogno. Il punto è un altro, ‘e se quel microfono lanciato per aria avesse centrato sulla testa una bambina?’ L’altra sera ne ho visti di papà e mamme con i figli al concerto di Pelù”.

Ma come ha fatto il microfono a sfuggire dalle mani del cantante? Pelù si stava esibendo in "Tex", mimando un atteggiamento da cow-boy e facendo roteare il microfono direttamente dal filo, che si è malauguratamente staccato ed è piombato direttamente sulla gamba del presente.

La band, tramite i responsabili della comunicazione e via Parole e dintorni, ha invitato Sig. Roberto Moncata alla data del concerto successiva a Firenze, e inoltre, il cantante in persona ha donato all'uomo il "microfono-volante". Lo stesso, sarà venduto all'asta e i ricavati saranno devoluti in beneficenza.

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Cosa stava combinando David Bowie alla tua età? https://stonemusic.it/4609/david-bowie-tua-eta/ https://stonemusic.it/4609/david-bowie-tua-eta/#respond Wed, 06 Mar 2024 09:43:16 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=4609 Ti sei mai chiesto a che punto fosse il tuo idolo alla tua stessa età? Se parliamo di David Bowie, un sito avrà tutte le risposte alle tue domande.

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Ad esempio, a trent'anni, David Bowie era già all'apice del successo o era ancora un Mr. Nessuno?

A rispondere a queste domande esistenziali ci ha pensato un sito spuntato online, per i veri fan del Duca Bianco. Si chiama Supbowie, e ha risposte davvero per tutti, qualsiasi sia la tua età. 

Ad esempio, hai trentun'anni? Cosa avrà mai fatto Bowie una volta raggiunto quel traguardo? Te lo dice Supbowie: "Ha recitato nel film "Just A Gigolo", l'ultimo film di Marlene Dietrich. Diretto da David Hemmings."

Vuoi provare? Clicca qui!
david bowie

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I BEATLES come non li avete mai visti https://stonemusic.it/4356/i-beatles/ https://stonemusic.it/4356/i-beatles/#respond Mon, 04 Mar 2024 09:18:39 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=4356 Nel '67 i Beatles si riunirono ad Abbey Road per esibirsi in All You Need Is Love con una diretta mondiale. Il fotografo David Magnus era lì, e catturò il backstage...

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David Magnus ebbe un vero e proprio colpo di fortuna, giusto all'inizio della sua carriera. Dopo aver trovato lavoro presso lo studio fotografico di Jermyn Street, venne spedito a spiare un giovane gruppo pop durante una delle loro esibizioni alla Stowe School. Erano i Beatles...

Le foto piacquero molto, moltissimo, e a Magnus fu dato libero accesso agli eventi della carriera della band.

Qualche anno dopo, nel '67, i Beatles diventarono i protagonisti della prima trasmissione televisiva in contemporanea mondiale: la BBC mise in onda un edizione del programma Our World, in diretta nei cinque continenti, con un pubblico di 400 milioni di persone. La band si collegò direttamente dagli Abbey Road Studios di Londra, ed eseguirono, in prima assoluta "All You Need Is Love". Inutile dire che segnarono un altro strike nella storia mondiale.

Magnus fu il prescelto. Colui che avrebbe documentato tutto l'evento. Ebbe l'accesso esclusivo alle prove, allo spettacolo dal vivo e al backstage. Molte di quelle fotografie, divennero un simbolo e alcuni scatti, mai visti prima, sono stati esposti ad una mostra esclusiva alla Proud Galleries nel Chelsea. Nel caso in cui non possiate permettervi un biglietto aereo, ci pensiamo noi a mostrarvi alcuni di questi incredibili scatti. Date un'occhiata qui sotto!

Foto: @ David Magnus, via teamrock.com/feature/2017-03-16/gallery-the-beatles-as-youve-never-seen-them-before
Foto: @ David Magnus, via teamrock.com/feature/2017-03-16/gallery-the-beatles-as-youve-never-seen-them-before
Foto: @ David Magnus, via teamrock.com/feature/2017-03-16/gallery-the-beatles-as-youve-never-seen-them-before
Foto: @ David Magnus, via teamrock.com/feature/2017-03-16/gallery-the-beatles-as-youve-never-seen-them-before
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Jonathan Davis: “I KORN non sono metal” https://stonemusic.it/4306/jonathan-davis-i-korn-non-sono-metal/ https://stonemusic.it/4306/jonathan-davis-i-korn-non-sono-metal/#respond Sat, 02 Mar 2024 16:26:00 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=4306

"La parola 'Metal' non mi è mai piaciuta":

Ecco una dichiarazione del cantante dei Korn, Jonathan Davis, quandi è stato intervistato da Whiplash, condotto da KLOS Full Metal Jackie...

Davis, ha parlato anche del processo di "scrittura creativo" di un brano, e ha detto: "C'è una cosa che accomuna tutti gli album, ossia provare e sperimentare, fare le cose in modo differente, non mi piace ripetermi quando scrivo musica. Per me e i ragazzi è difficile, ma non potremmo accettare di fare le cose allo stesso modo. Ci sono ban che possono farlo, gli AC/DC ripetono un record più e più volte, ma noi non siamo gli AC/DC, a noi piace cambiare continuamente, evitare la noia."

 

"Ho sempre avuto un problema con il termine 'metal'. Non siamo mai stati così. Voglio dire, basta andare indietro all'inzio dei Korn. Sembra che la comunità metal ci abbia considerato come la 'pecora nera', non avevamo nessun posto dove andare davvero. Per me, una band metal sono i Judas Priest o gli Iron Maiden, non penso che i Korn lo siano e credo facciamo qualcosa di diverso. Ma io amo questa scena musicale, le persone sono così appassionate e i fan irriducibili! A loro non importa, se non gli piace ciò che stai facendo di lasceranno, e lo sappiamo benissimo, perciò li rispetto."

"Se dovessi classificare la musica dei Korn, penso che direi hard rock, voglio dire, non mi piacciono le etichette."

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JOHN CALE: la leggenda dei Velvet Underground https://stonemusic.it/4133/john-cale-velvet-underground/ https://stonemusic.it/4133/john-cale-velvet-underground/#respond Sat, 02 Mar 2024 08:52:51 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=4133 Insieme a Lou Reed, JOHN CALE ha fondato i Velvet Underground. Fra pochi giorni, la leggenda della musica rock, compie 81 anni.

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John Cale è un musicista gallese, compositore, cantautore e produttore discografico.

E' stato uno dei membri fondatori dei Velvet Underground nei primi mesi del '65, insieme a Lou Reed, anche se è più noto per il suo apporto al mondo della musica rock come solista. Dal momento della sua dipartita dai Velvet Underground nel '68, ha pubblicato più di trenta album.

E' nato il 9 marzo del 1942 a Garnant, nel Galles. Inizia a parlare la lingua inglese solo a 8 anni, e prosegue i suoi studi spostandosi a Londra e iscrivendosi all'università. Dopo la laurea viaggia per gli Stati Uniti dove continua i suoi studi sulla musica d'avanguardia e incontra diversi compositori, vittima del fascino dei nuovi movimenti artistici anglo-americani.

 

Lo stile di Cale è quasi impossibile da definire, tutti i suoi album contengono nuovi esperimenti e contaminazioni. E' famoso anche per essere stato il produttore dei The Stooges, o di Patti Smith.

Nel '96 è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame come mebro dei Velvet Underground nel '96, ed è anche stato nominato Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico nel 2010.

 

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Steve Jones: la vita dopo i SEX PISTOLS https://stonemusic.it/4060/steve-jones-dopo-i-sex-pistols/ https://stonemusic.it/4060/steve-jones-dopo-i-sex-pistols/#respond Fri, 01 Mar 2024 13:53:00 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=4060 L’ex Sex Pistols ha trovato la felicità al sole dorato della California. Ma non illudetevi: anche se ormai fa meditazione, il rock’n’roll gli pulsa ancora nelle vene.

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Residente a Los Angeles da trentacinque anni, Steve Jones ha raccontato la sua storia nell’autobiografia Lonely Boy. Oggi pratica la meditazione e fa da testimonial al programma in 12 passi per uscire dalla dipendenza dall’alcol.

A differenza di altre biografie rock, non hai addolcito nulla.
"La vita non è mai sempre tutta rose e fiori e non lo sarà mai. Non so perché la gente debba sempre raffigurarla come se ogni volta ci sia il lieto fine. La vita è una stronza puttana, dall’inizio alla fine."

Hai descritto la dinamica interna ai Sex Pistols come una lotta. Pensi che il fatto che non vi potevate soffrire vi abbia reso così efficaci?
"Credo di sì. Penso che sia così per un sacco di gruppi. Ci deve essere sempre una qualche strana dinamica perché la cosa funzioni. Hai citato l’apparizione a Today come lo spartiacque nella storia dei Pistols."

Ti sei mai pentito di tutta quella faccenda?
"Sinceramente, non saprei che dire. Fu una di quelle cose che accaddero nel momento più giusto. Forse, in fin dei conti, le cose dovevano andare precisamente così. Sarebbe stato anche carino andare avanti così come avevamo fatto fino a quel momento, ma direi che le cose non si muovevano abbastanza rapidamente.  Iniziavamo a essere conosciuti grazie al «New Musical Express» e la gente iniziava a venire ai concerti vestita da punk. Ma la cosa con Grundy portò tutto a un livello mai visto prima. E per quanto potente, fu anche l’inizio della fine. Non credo che fosse stato programmato. Andandocene dallo studio Tv in auto, McLaren si stava cacando sotto – reagiva così a un sacco di cose – ma poi il giorno dopo quando vide le reazioni della stampa se ne assunse il merito."

Credi che i Pistols avrebbero dovuto durare più a lungo?
"Avremmo potuto andare avanti, e poteva anche essere una cosa buona, ma non credo sarebbe successo. Mentre eravamo negli USA e ci dirigevamo verso sud, cercammo di scrivere un paio di brani, ma non ci stavamo con la testa. Se avessimo provato, forse saremmo riusciti a realizzare un altro disco, ma con Sid nel gruppo le dinamiche erano cambiate."

 

Dopo che vi siete sciolti, il gruppo ti è mai mancato?
"Non molto. Il momento più bello di un gruppo sono i primi tempi, quando nessuno ti conosce. Sei un’unità che fa assieme delle cose, senza che nessuno cerchi di intromettersi. Nel 1996 facemmo una reunion e fu eccitante – alcuni dei concerti furono davvero belli – ma poi i vecchi veleni tornarono a galla. Ci ritrovammo a pensare: “Ma vaffanculo, sei peggio di un dito nel culo!”. Comunque, facemmo bei soldini. In effetti, fu la prima volta che i Pistols guadagnarono qualcosa."

È stato difficile nel tuo libro parlare degli abusi che hai subito dal tuo patrigno?
"Mi sono sentito un po’ strano, ma le cose sono andate così, e ho pensato che fosse importante parlarne. Se la cosa aiutasse altri che hanno subito le stesse cose, ne sarei contento, anche se non è il motivo principale per cui ne ho parlato. Alla resa dei conti, fu una banale storia di confusione sessuale in un ragazzino. Io non sono minimamente gay, ma quando hai dieci anni e il tuo patrigno ti fa una sega, tu non hai la minima idea di cosa stia succedendo. Non riesci a capirlo e non sai cosa fare."

Oltre a furtarelli da adolescente ai danni di tipi come Ronnie Wood e Keith Richards, nel 1973 hai rubato parte dell’equipaggiamento di David Bowie dopo il suo concerto di addio come Ziggy all’Hammersmith Odeon.
"In realtà, non presi nulla di suo. Solo l’amplificatore del bassista, un po’ di microfoni Neumann e un paio di piatti di Woody Woodmansey, tutte cose per cui poi mi sono scusato. Un paio di mesi fa Woody è stato mio ospite in radio con Tony Visconti e gli ho dato duecento dollari per i piatti. Qualche anno fa incontrai Bowie e mi disse che trovava la cosa molto divertente."

Quando ti sei trasferito a LA ti sei ambientato in fretta?
"Sono arrivato qui dopo aver passato un anno a New York. La prima volta che arrivai a LA me ne innamorai, per cui credo che il seme sia stato piantato allora. È stata solo questione di tornarci. Adoro il sole, lo spazio e il modo di vedere la vita molto più positivo che ha la gente. Non mi piace tornare a Londra. Non ho nulla contro gli inglesi, solo che ovunque vada, mi deprimo. Mi riporta alla mente sempre un sacco di strani ricordi. Francamente, se non ci dovessi tornare più non me ne fregherebbe un cazzo."

Come sono i tuoi rapporti con John Lydon?
"Non ci parliamo. Anche se viviamo nella stessa città, mi sembrerebbe molto strano chiamarlo, o essere chiamato da lui. Ci deve essere una ragione estremamente importante perché succeda. Non gli auguro alcun male, ma non voglio avere niente a che fare con lui. È come quando finisce un matrimonio. Non chiami più la tua ex moglie, giusto?"

Essere stato uno dei Pistols ti ha aiutato?
"C’è stato un periodo in cui il punk non era affatto di moda a LA. Nessuno ti cacava. Ora è molto diverso. Sembriamo essere diventati parte della cultura musicale."

Questo articolo appare integralmente nel numero #52 di Classic Rock Italia!

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