Prog - Stone Music https://stonemusic.it Il Portale in cui batte un vero cuore rock Tue, 26 Mar 2024 14:00:52 +0000 it-IT hourly 1 https://i1.wp.com/stonemusic.it/wp-content/uploads/2019/05/cropped-favicon-1.png?fit=32%2C32&ssl=1 Prog - Stone Music https://stonemusic.it 32 32 178453812 È già in edicola lo speciale sui KING CRIMSON! https://stonemusic.it/65652/speciale-king-crimson/ https://stonemusic.it/65652/speciale-king-crimson/#respond Tue, 26 Mar 2024 14:00:36 +0000 https://stonemusic.it/?p=65652 È appena uscita la monografia di Classic Rock sui KING CRIMSON in edicola e online! Scopri il sommario qui…

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6. 1967-1968 Giles, Giles and Fripp

Alla fine dell’agosto 1967 prende forma il primo nucleo che porterà alla nascita dei King Crimson: si tratta di tre musicisti provenienti della stessa area geografica, ma dal background sociale e musicale piuttosto differente.

16. 1969-1970 Alla corte del Re Cremisi

Il 10 ottobre 1969 la Island Records pubblica uno dei dischi più rivoluzionari e influenti dell’intera storia della musica occidentale: quello che segna l’esordio dei King Crimson, una band che sembra uscita fuori dal nulla.

36. 1970-1972 Il passo necessario

Qualunque cosa Peter Sinfield e Robert Fripp avessero fatto, sarebbe stata sbagliata.
Ma dovevano farla per arrivare dall’altra parte.

46. 1972-1974 The road to RED

Con l’arrivo di Bill Bruford, Jamie Muir, David Cross e John Wetton, i King Crimson diventano una band magica e incidono un album che per Fripp rappresenta la discesa dello Spirito nella materia

60. ROBERT FRIPP La musica crea il musicista

Chi è davvero Robert Fripp, al di là delle opinioni correnti e dei giornalismi condivisi? Non è una domanda dalla facile risposta. Per fornire una traccia, sarà preferibile dunque individuare alcuni punti essenziali e soprattutto dar voce a Fripp stesso.

70. 1981-1984 La rinascita

La band torna a esistere, dopo essere uscita fuori strada mentre la mente di Fripp era presa da tutt’altri pensieri: perdere l’ego e, soprattutto, cercare una disciplina.

82. 1994-2003 Il doppio trio e il Nuevo Metal

L’ennesima ripartenza dei KC nasce da un’intuizione spiazzante: usare due batteristi.

100. 2008 La reunion che non c'è

Cos’è che è andato storto, in questa strana, fugace reunion che doveva celebrare il quarantennale della band e invece si svolse nel trentanovesimo anno dalla fondazione, in queste 11 date svoltesi in quattro luoghi degli States dal 2 al 17 agosto 2008 che non ebbero alcun seguito?

106. 2014-2022 La bestia a sette teste

Nel settembre 2013 Fripp annuncia il ritorno in attività dei King Crimson con una “nuova formazione molto diversa da quella precedente: sette musicisti, quattro inglesi e tre americani, con tre batteristi”.

Trovi lo speciale sui KING CRIMSON su Sprea.it e nelle migliori edicole!

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Domani esce lo speciale Classic Rock sui KING CRIMSON https://stonemusic.it/65645/classic-rock-speciale-king-crimson/ https://stonemusic.it/65645/classic-rock-speciale-king-crimson/#respond Mon, 25 Mar 2024 09:39:45 +0000 https://stonemusic.it/?p=65645 Domani esce in edicola la monografia sui King Crimson, il gruppo che ha portato il rock oltre i confini del progressive e di qualsiasi genere...

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A cura del giornalista Alessandro Staiti, tra i massimi conoscitori italiani dei KING CRIMSON e dello stesso Robert Fripp, anima del gruppo, più volte incontrato e intervistato dall’autore. Il volume indaga con precisione e meraviglia la discografia e le diverse formazioni che negli anni hanno contraddistinto il suono e le sperimentazioni del gruppo dal 1967 al 2022, i dischi e i musicisti incredibili che, sempre al servizio della musica, hanno animato la corte del Re Cremisi.

IN THE COURT OF THE CRIMSON KING vede la luce il 10 ottobre 1969. Per Pete Townshend degli Who è un "capolavoro inquietante", sembra venir fuori dal nulla. Non ricalca nessun genere e ne fonda uno. L'underground diventa colto e si trasforma in qualcos'altro, che poi verrà etichettato come progressive rock, operando una grande rivoluzione estetica rispetto al rock/blues dell'epoca.

La complessità dell'architettura compositiva è impressionante, almeno quanto il virtuosismo e l'originalità stilistica di ogni membro della band. ITCOTCK è l'unico documento in studio della prima incarnazione dei King Crimson, quella che partecipò allo storico concerto di Hyde Park dei Rolling Stones e che precocemente si sciolse al termine del primo tour negli USA, nel dicembre 1969.

Nel lessico di Robert Fripp, un'incarnazione dei King Crimson è definitiva quando "dopo niente è più lo stesso, qualcosa è cambiato". In questo senso, la line-up originale dei King Crimson è una formazione definitiva. Perché dopo IT-COTCK il rock non è stato più lo stesso.

Stiamo infatti insinuando che la storia del rock dal 1969 in poi andrebbe riscritta: l'assunto è che i King Crimson furono davvero il primo gruppo a usare la testa nel rock & roll.

Una simile affermazione non dovrebbe incontrare ostilità, oggi, dal momento che abbiamo la possibilità di comprovare storicamente i fatti che ci inducono a un'asserzione apparentemente così arrogante. Come Fripp avvertiva in quegli anni scrivendo una lettera all' «International Times», il 29 agosto del 1969: "Chris Welch pensava che [Hyde Park] il concerto segnasse la fine di un'era in musica. Se concluse i duri suoni dei Sessanta, forse inaugurò la musica dei Settanta, che sembrerebbe essere una musica più autocosciente di prima al punto che... differenti forme sono investigate, alcune delle quali esigono una reazione dalla testa molto più che dai piedi”.

"Le innovazioni musicali sono piene di pericoli per l'intero Stato, e dovrebbero essere proibite. ... Quando cambiano i modi della musica, le leggi fondamentali dello Stato cambiano sempre insieme a essi", così scriveva Platone ne La Repubblica. Il filosofo greco solleva un punto interessante riguardo alle innovazioni musicali e al loro impatto sulla società. Se per alcuni tali innovazioni sono pericolose, è innegabile la profonda influenza da loro esercitata sulla storia della musica e sulla nostra esperienza di ascolto. Come George Beauchamp e Adolph Rickenbacker hanno elettrificato la chitarra creando un nuovo strumento e nuove possibilità creative ed espressi-ve, così l'intera opera dei King Crimson ha aperto la strada a un nuovo modo di fare musica per un crescente numero di artisti che ancor oggi li citano tra le loro maggiori influenze.

Ci auguriamo con questo Speciale di aver contribuito anche noi a un nuovo modo di narrare l'affascinante storia di questa band, per comprendere le profonde implicazioni umane, musicali ed estetiche che ha portato nella storia del rock.

Alessandro Staiti

Da domani lo trovi su Sprea.it e nelle migliori edicole!

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Hai già preso il nuovo PROG? https://stonemusic.it/65613/hai-gia-preso-il-nuovo-prog/ https://stonemusic.it/65613/hai-gia-preso-il-nuovo-prog/#respond Thu, 21 Mar 2024 12:37:38 +0000 https://stonemusic.it/?p=65613 COSA? Non hai ancora letto il nuovo numero di PROG?! È tempo di rimediare, guarda qui il sommario e scopri cosa ti stai perdendo…

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5 FRANCESCO DI GIACOMO: Dieci anni dopo
12 COVER STORY CAPOLAVORI PROG 1974: PFM, LE ORME, AREA, PERIGEO
32 BARK PSYCHOSIS: HEX compie 30 anni
35 MACROSCREAM: Finalmente il terzo album
38 ZOPP: Oltre Canterbury
41 STEVE HACKETT: From Steve to Armando
52 UNITOPIA: La ripartenza
56 KING CRIMSON: Three of a perfect pair (1984)
64 ELLESMERE: Mondi Capovolti
67 DUNCAN MACKAY: Camel, Alan Parsons Project, Kate Bush, e altre storie
76 CARAVAN: In the land of grey and pink
80 LE ORME… AND FRIENDS: L’ultimo album?
86 STORMY SIX: Girotondo non solo musicale
94 REFUGEE: Tris d’assi
98 AGITATION FREE: Il ritorno di una leggenda
102 MANFRED MANN’S EARTH BAND: 1972-1980
108 MOONGARDEN: La seconda parte dell’intervista
 

…Ecco ciò che ti aspetta sull’ultimo numero di PROG, disponibile in edicola e online!

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Esce oggi il nuovo numero di PROG https://stonemusic.it/65616/esce-oggi-il-nuovo-numero-di-prog-2/ https://stonemusic.it/65616/esce-oggi-il-nuovo-numero-di-prog-2/#respond Wed, 20 Mar 2024 10:57:28 +0000 https://stonemusic.it/?p=65616 Oggi, a grandissima attesa, esce la tua rivista specializzata in musica progressiva preferita: il nuovo numero di PROG è qui!

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Il 4 dicembre 2014 uscì il numero 0 di «Prog Italia» con in copertina Francesco Di Giacomo, scomparso il 21 febbraio di quello stesso anno. Nel 2019 lo abbiamo ricordato con il 33 giri inedito LA PARTE MANCANTE, realizzato insieme a Paolo Sentinelli, pubblicato per l’anniversario dei cinque anni dalla morte e distribuito, solo nelle edicole, da Sprea Editori.


A febbraio «Prog Italia» non esce, essendo bimestrale, ma dovevamo salutarlo in qualche modo per l’anniversario dei dieci anni, così ho coinvolto per l’articolo a lui dedicato, che apre la rivista, alcune persone con cui Francesco ha condiviso tanto: Gianni e Vittorio Nocenzi, con cui ha vissuto la storia del Banco Media partner del Mutuo Soccorso, Antonella Caspoli, che ha amato e
sposato, persona che mi ha permesso di rendere reale LA PARTE MANCANTE, Paolo Sentinelli, pianista e compositore della musica di quel disco bellissimo (nel 2019 entrò nel lotto dei tre finalisti della Targa Tenco come miglior album dell’anno) e Andrea Satta dei Têtes de Bois, artista e in podcast su particolarmente vicino a BIG. Ho preferito lasciare spazio a loro, perché io ogni due mesi posso appuntare le mie emozioni sulla “nostra” rivista…

La coverstory di questo numero è dedicata a un poker “d’assi” musicalmente S-T-R-A-T-O-S-F-E-R-I-C-O, e la definizione, visto che c’è anche l’esplosivo CAUTION RADIATION AREA degli Area di Demetrio Stratos, è decisamente adatta... e i suoi compagni non sono da meno, anche se molto diversi per rappresentare al meglio quel magico 1974, ovvero L’ISOLA DI NIENTE (PFM), CONTRAPPUNTI (Le Orme) e GENEALOGIA (Perigeo).

Per un amico che non c’è più...
Il 26 febbraio il cuore di Ernesto Assante ha smesso di battere, quel cuore che lui ha spinto a mille in moltissime, troppe, accelerazioni. L’ho conosciuto nel 1978, quando gli ideali erano quasi tutto per entrambi: non li abbiamo mai nascosti, però senza farli diventare barriere ideologiche a prescindere. In più di 45 anni abbiamo condiviso tante vicende: belle e bellissime, brutte e anche brute... dalle radio indipendenti alle iniziative targate «la Repubblica», dal Festival di Sanremo ai concerti alternativi.

Dopo il 26 hanno parlato di te persino troppo, trasformandoti quasi in un “santino”, che per primo probabilmente avresti preso in giro. Non eri perfetto, d’altronde chi lo è? Però avevi una curiosità pazzesca e ti lanciavi, pure senza paracadute, in avventure apparentemente assurde, che avrebbero spaventato molti. Musicalmente siamo stati a volte in profondo disaccordo, ma sempre in modo ironico e gentile, impossibile per noi due usare toni troppo conflittuali... 

Giovedì 29 sono andato all’Auditorium Parco della Musica per l’ultima e laica occasione d’incontrarti, già sicuro di non riuscire a entrare. Era troppo grande l’affetto delle persone nei tuoi confronti per contenerlo nei 300 posti del Teatro Studio... però volevo esserci per darti un ultimo e affettuoso saluto “fisico”.

Ho aspettato fino alla fine, così quando le persone sono uscite io sono entrato. Ho toccato la bara con una mano, rimanendo in silenzio per qualche secondo, mentre risuonavano le note di Won’t Get Fooled Again degli Who. Non sono una persona religiosa e, come sai, credo poco agli spiriti... ma ti ho “sentito” mentre mi dicevi, come sempre e con voce gioiosa: “Compagno Bellachioma”... eri ormai l’unico a chiamarmi in questo modo. Sì, compagni di vita!

Concedetemi di dedicare questo numero di «Prog Italia» al mio amico Ernesto... Un abbraccio a tutte/tutti dal profondo del cuore

Guido Bellachioma bellak@alice.it • www.progressivamente.com

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PROG contro la guerra con i Moongarden https://stonemusic.it/65569/prog-guerra-christmas-night-2066-moongarden/ https://stonemusic.it/65569/prog-guerra-christmas-night-2066-moongarden/#respond Thu, 14 Mar 2024 17:18:32 +0000 https://stonemusic.it/?p=65569 CHRISTMAS NIGHT 2066, concept contro la guerra, è il nono album in studio dei Moongarden, che giunge a cinque anni dal precedente ALIGN MYSELF TO THE UNIVERSE.

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Il risultato è davvero eccellente a livello compositivo, esecutivo, missaggio, masterizzazione, grafica, concept della storia e testi... insomma un "discone", progressivo senza "vergogna" di chiarirlo sin dal primo approccio sonoro.

Il disco, che ha personaggi ben descritti come la madre, il figlio e il soldato, nasce per riflesso all’invasione russa dell’Ucraina. Cristiano Roversi era già a buon punto con il nuovo album dei Moongarden, ma ha sentito l’esigenza di affrontare una situazione terribile come una guerra dietro casa che rischiava, e a tutt’ora rischia, di portarci a un conflitto mondiale con tutti gli scenari apocalittici che ne deriverebbero. Che sorta di futuro si prospettava in un mondo devastato da una guerra totale? Che genere di vita sarebbe stata crescendo in un simile mondo? Nasceva così una storia, quasi un film in musica, testimonianza anche di un dramma familiare durante la fine del mondo, come capita in tutte le guerre. Che ricordo avrà il figlio del padre responsabile della fine della civiltà? Cosa resta della propaganda ideologica quando le rovine del nostro mondo sono ormai coperte da ceneri radioattive? Cosa rimane del vanto dell’avere “Dio dalla propria parte” quando l’unico credo sarà la sopravvivenza?

Dopo le terribili esperienze narrate nella sequenza Rain Of Fire, In This Forest Of Glass e Sick Tranquillity, ovvero la fine del mondo, arriva la tardiva conciliazione di Just You And Me, in cui si afferma il valore assoluto della solidarietà tra le generazioni e la definitiva presa di coscienza del protagonista, ormai convinto che il mondo debba essere ricostruito in mezzo “alle voci dei fantasmi che tutti possiamo sentire”…

…continua sull’ultimo numero di Prog!

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SEMIRAMIS: Tornare a vivere il prog https://stonemusic.it/65367/semiramis-tornare-a-vivere-il-prog/ https://stonemusic.it/65367/semiramis-tornare-a-vivere-il-prog/#respond Tue, 20 Feb 2024 17:07:56 +0000 https://stonemusic.it/?p=65367 Dopo la scomparsa di due membri storici, la storia dei Semiramis sembrava finita. Poi Paolo Faenza ha capito che “la fine non esiste”.

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A distanza di 50 anni da DEDICATO A FRAZZ, capolavoro del prog nazionale, la band romana torna con un nuovo stupendo album: LA FINE NON ESISTE. Nostalgia? Potere della musica? Ci spiega tutto il batterista Paolo Faenza.

Dalla reunion di qualche anno fa sono mancati Maurizio Zarrillo e Giampiero Artegiani. L’esperienza dei Semiramis sembrava finita, poi sei ripartito con dei musicisti giovani. Cosa ti ha spinto a non arrenderti?
Non è stato facile. Maurizio era la band, Giampiero lo consideravo mio fratello. Ti confesso che volevo mollare tutto, ma gli altri mi hanno convinto ad andare avanti. C’era come la sensazione che “loro” avrebbero voluto così. Il titolo LA FINE NON ESISTE arriva anche da questo.

Cosa è rimasto di quei Semiramis? T’interessa cercare un legame o calarvi in una nuova visione?
In realtà, è una via di mezzo. Il nuovo album contiene due brani riarrangiati dal live del 2017 e quattro nuovi, elaborati con Daniele Sorrenti, il nuovo tastierista, uno dei motori del gruppo. Abbiamo voluto riprendere alcune sonorità di DEDICATO A FRAZZ ed elaborarle in un contesto moderno, hard rock dal piglio sinfonico, con chitarre, vibrafono
e soprattutto organo Hammond, che ritengo lo strumento base per la nostra musica. Naturalmente tutti hanno fatto la loro parte. La band si completa con Ivo Mileto al basso, Marco Palma, chitarra acustica, Emanuele Barco, chitarrista, e il cantante Giovanni Barco.

Come avete lavorato al nuovo materiale e cosa vi aspettate in termini di accoglienza?
Lo sappiamo, ma ringrazio di avere musicisti giovani che ci aiutano in questo aspetto. Con il manager Massimo Buffa ci siamo confrontati su come muoverci, inoltre io mi sono sempre aggiornato sulla tecnologia, come musicista e non solo. Noi facciamo tutto con passione, per la musica prog. Sono convinto che dopo Rossini, Puccini, Verdi la vera grande musica sia la musica progressiva, che richiede studio, impegno applicazione. Non dico che il resto non m’interessi, ma suonare prog riporta il musicista al centro…

 

di: Gianni Della Cioppa

…Continua sull’ultimo numero di Classic Rock, disponibile in edicola e online!

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5 cose che (forse) non sapevate su Jon Lord dei Deep Purple https://stonemusic.it/40890/jon-lord-deep-purple/ https://stonemusic.it/40890/jon-lord-deep-purple/#respond Wed, 14 Feb 2024 17:00:22 +0000 https://stonemusic.it/?p=40890 Chi era Jon Lord prima di entrare nei Deep Purple? Ve lo raccontiamo in questo articolo.Non si può…

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Chi era Jon Lord prima di entrare nei Deep Purple? Ve lo raccontiamo in questo articolo.

Non si può dire che la vita di Jon Lord non sia stata vissuta al massimo: con le sue sperimentazioni con la tastiera e con l'organo Hammond è entrato di diritto nella storia della musica (vi abbiamo raccontato in questo articolo il suo contributo per la celebre Highway Star).

Può essere, però, che anche i fan più accaniti dei Deep Purple – e di Lord in particolare – si siano fatti sfuggire alcuni dettagli sulla carriera e sulla vita dell'artista precedenti all'entrata nella band. Per questo proponiamo 5 curiosità sugli inizi del percorso artistico di Jon Lord che (forse) non conoscete. 

1. I primi passi con il pianoforte

Da bambino, Lord fu iniziato alla musica tramite un approccio classico al pianoforte caldeggiato dal padre, anch'egli un musicista, più in particolare un sassofonista, originario della zona di Leicester in Inghilterra, luogo che rimase sempre impresso nella mente e nel cuore di Lord.

Così, fin dalla primissima infanzia – iniziò a suonare a cinque anni – Lord sviluppò un gusto particolare per la musica classica diventando un grande estimatore di Bach al quale avrebbe fatto spesso riferimento all'interno del suo lavoro futuro (per esempio nel brano riportato qui sotto, Bach Onto This, del 1982).

2. La passione per il teatro

Da ragazzo, Lord si trasferì a Londra per inseguire il suo sogno... e no, non si trattava della musica ma della recitazione. In effetti, inizialmente Lord avrebbe voluto farsi un nome nell'ambiente del teatro o del grande schermo. Per questo motivo, nel 1963 divenne un membro fondatore del Drama Centre di Londra, una scuola di teatro presso la quale Lord stesso si diplomò l'anno successivo.

Dopo il diploma, ottenne perfino una parte in una soap opera inglese a sfondo medico, Emergency - Ward 10.

3. Il suo cameo con i Kinks

Conoscete la hit del 1964 dei Kinks, You Really Got Me? Bene, Jon Lord compare nei credits della canzone come tastierista. La questione, però, sembra complicata dato che, diversi anni dopo l'uscita del pezzo, Ray Davies dei Kinks affermò che, in realtà, le mani dietro la tastiera di You Really Got Me sono del direttore d'orchestra, compositore e pianista Arthur Greenslade.

4. L'introduzione "jazz" al mercato musicale

Prima di entrare a far parte dei Deep Purple, Lord militò in diverse altre band: prima di tutto, la sua carriera musicale iniziò nel 1960 quando entrò a far parte del gruppo jazz The Bill Ashton Combo, il cui nome proviene dal membro più prominente del gruppo, Ashton, appunto, un sassofonista di spicco del panorama londinese.

Qualche anno più tardi, sia Lord che Ashton conobbero il cantante blues Art Wood con il quale, verso la fine del 1963, Lord creò gli Art Wood Combo (band alla quale parteciparono anche il batterista Red Dunnage, il chitarrista Derek Griffiths e il bassista Malcolm Pool).

Quando, nel dicembre del 1964 Red Dunnage lasciò la band e venne sostituito da Keef Hartley, il gruppo cambiò nome in The Artwoods e, per via del successo raggiunto, i musicisti vennero invitati a diverse trasmissioni radiofoniche e televisive. Qui sotto, l'audio originale del live degli Artwoods durante la loro esibizione per Ready, Strady, Go!, un programma televisivo inglese incentrato sulla musica pop e rock

5. La svolta "gangster"

Per gli Artwoods, però, il successo commerciale non arrivò mai. Così la band si sciolse per poi tornare insieme nel 1967 con il nome di St. Valentine's Day Massacre. Questo nuovo nome era un chiaro riferimento ai fatti avvenuti a Chicago il giorno di San Valentino del 1929: una strage che vide l'assassinio di sette persone e che fu voluta dal gangster Al Capone per un regolamento di conti fra clan mafiosi.

L'uscita nelle sale del film cult Gangster Story (conosciuto anche con il suo titolo originale Bonnie and Clyde), nel 1967, ridiede vita al mito del gangster nato negli Stati Uniti degli anni 30. 

Così, Lord e soci vollero tentare di cavalcare l'onda di questo revival ma le cose non andarono come sperato e ognuno dei membri della band iniziò a seguire un nuovo progetto.

Jon Lord, per esempio, fondò il gruppo electric-blues Santa Barbara Machine Head (durato circa un anno) dei quali entrò a far parte anche il fratello di Art Wood, il celebre Ronnie Wood, oggi componente dei Rolling Stones.

Qui sotto, ecco uno dei tre pezzi strumentali scritti da Lord e registrati dal gruppo, Porcupine Juice.

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Attraverso la discografia di PETER GABRIEL | Prog https://stonemusic.it/65155/attraverso-la-discografia-di-peter-gabriel-prog/ https://stonemusic.it/65155/attraverso-la-discografia-di-peter-gabriel-prog/#respond Sat, 20 Jan 2024 17:35:56 +0000 https://stonemusic.it/?p=65155 Nell'ultimo numero di PROG, Marco Olivotto vi accompagnerà attraverso un magnifico viaggio alla scoperta dei capolavori di PETER GABRIEL... ed ecco un piccolo spoiler!

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peter gabriel 1977

PETER GABRIEL (1977)
Il primo album dopo l’abbandono dei Genesis viene pubblicato dalla Charisma (stessa etichetta della band) il 25 febbraio 1977. La copertina riporta solo il nome dell’artista, e inaugura una serie di quattro lavori con la stessa denominazione, talvolta identificati per mezzo di un numero progressivo o di un titolo fittizio: in questo caso, PETER GABRIEL 1 o CAR, in riferimento all’immagine di copertina. La produzione, affidata a Bob Ezrin (Alice Cooper, Lou Reed, Pink Floyd) ha luogo nell’autunno del 1976 tra Toronto e Londra ed è caratterizzata da arrangiamenti densi e talvolta pomposi. È evidente il desiderio di Gabriel di rivolgersi a una forma-canzone più semplice e diretta delle composizioni della sua vecchia band, ma sono evidenti influenze del passato, come in Moribund The Burgermeister, attraversata da echi progressive. La produzione è di indubbio valore, anche se Peter ne rimane parzialmente insoddisfatto: avrebbe desiderato un sound più scarno e diretto, in particolare su Here Comes The Flood…

peter gabriel so 1986

SO (1986)
Il 19 maggio 1986 viene pubblicato SO, che segna l’inizio di un nuovo corso nella carriera. Per la prima volta viene assegnato un titolo vero e proprio, e il cambiamento è evidente a partire dall’immagine di copertina: un ritratto che mostra il volto del cantante senza manipolazioni. Non è un dettaglio secondario, perché la foto ridefinisce l’immagine di Gabriel, che è un uomo di trentasei anni, ancora giovane ma maturo, e il ritratto, scattato con una polaroid da Trevor Key, ha un gusto vagamente rétro. Il fotografo era ben noto nella scena pop-rock, ed è autore di molte immagini rimaste iconiche (una tra tutte, TUBULAR BELLS di Mike Oldfield). La foto suggerisce la rottura della ben nota timidezza dell’artista, istrionico sul palco ma seminascosto nel privato. Lo stile musicale dell’opera, prodotta da Gabriel con Lanois sulla scia di BIRDY, si allontana da quello di PETER GABRIEL 4: è meno sperimentale e più accessibile al grande pubblico, anche se continua a mantenere elementi di ricerca e avanguardia. È difficile dire quanto ciò sia stato dettato da un’esigenza artistica piuttosto che dal desiderio di raggiungere un maggior numero di persone: di fatto, SO proietta Gabriel fuori dalla nicchia e dentro il mondo del mainstream. Vende 5.000.000 di copie nei soli Stati Uniti, guadagnando cinque dischi di platino. PETER GABRIEL 4 si era fermato a 500.000…

…Tratto dall’ultimo numero di PROG, disponibile in edicola e online!

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Esce oggi il nuovo numero di PROG! https://stonemusic.it/65141/esce-oggi-il-nuovo-numero-di-prog/ https://stonemusic.it/65141/esce-oggi-il-nuovo-numero-di-prog/#respond Fri, 19 Jan 2024 09:45:16 +0000 https://stonemusic.it/?p=65141 Scopri i contenuti dell'ultimissimo numero di PROG: Demetrio Stratos, Moongarden, Big Big Train, ma soprattutto... PETER GABRIEL!


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Introduzione

5 MOON SAFARI Dieci anni dopo

Copertina

8 COVER STORY PETER GABRIEL 1977-2023 – I/O & Other Stories

Storie e Protagonisti

34 SID SMITH: Le storie di Sid

46 KEEF HARTLEY BAND 1969-1973

Protesta attraverso il Prog

52 MOONGARDEN: Prog contro la guerra

Formati Progressivi

58 EARTHSIDE: Prog in formato panoramico

Il Segno del Comando

62 IL SEGNO DEL COMANDO: Trilogia atto finale

Suoni e Visioni

65 CARLO MASSARINI: Suoni e visioni

Big Big Changes

70 BIG BIG TRAIN: La prima volta senza David

Un Anno Speciale per Bill Bruford

76 BILL BRUFORD 1979: ONE OF A KIND

Demetrio Stratos

84 DEMETRIO STRATOS: La voce

Il Viaggio Continua con Trip/Pino Sinnone

91 TRIP/PINO SINNONE: Il viaggio continua

Quarant'anni in Televisione con French TV

94 FRENCH TV: Quarant’anni in televisione

Intervista a Neal Morse

98 NEAL MORSE: Intervista

Closure in Moscow: Il Disco Inferno

101 CLOSURE IN MOSCOW Disco inferno

Per concludere

110 MARCO MACHERA: A caccia di sogni

 

Acquista l'ultimo numero di PROG, disponibile in edicola e online!

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Pronti per il primo numero di PROG del 2024? https://stonemusic.it/65110/primo-numero-di-prog-2024/ https://stonemusic.it/65110/primo-numero-di-prog-2024/#respond Tue, 16 Jan 2024 17:23:08 +0000 https://stonemusic.it/?p=65110 Ecco un anticipo della lettera editoriale del direttore di PROG: il nuovo numero da questo venerdì disponibile e online! ...«Prog Italia» è una zona libera da IA e intende rimanerlo :-)

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“Intelligenza artificiale? Sì, no, forse? Soprattutto come e con quali regole? NO IA MAGAZINE chiarisce la posizione di «Prog Italia», contro ciò che permette a chiunque di produrre illustrazioni senza aver mai disegnato in vita sua, ovviamente appoggiandosi all’immenso database, che cresce a un ritmo vertiginoso, nutrito con qualsiasi “cosa”... naturalmente fregandosene dei diritti del materiale di partenza. Nessuno può/vuole fermare il futuro, ma sulla nostra rivista non saranno MAI utilizzate illustrazioni così create.

Dietro alle nostre ci sarà sempre qualcuno che potremo chiamare per nome, partendo dai disegnatori che ci donano la loro arte, quindi Giuliano (Piccininno), Giampiero (Wallnofer), Lorenza (Ricci), Fabrizio (Pasini), Pietro (Scuderi). Questo vale anche per la musica, le copertine, le foto ecc...

«Prog Italia» è una zona libera da IA e intende rimanerlo 🙂

Ovviamente il problema è più grande e anche sui social media le discussioni sono accese. Come esempio riporto alcune riflessioni su Facebook di Claudio Lodi, disegnatore, insegnante, operatore in campo informatico. Le sue parole sono al tempo stesso ironiche e preoccupate: “Con l’inizio del 2024 vi faccio notare che pubblicare le immagini ‘carine’ della vostra trasformazione in pirata, vichingo, soldato romano, imperatore significa dare in pasto i vostri dati e il vostro volto a una società, che li inserirà in un gigantesco database con cui farà molti soldi alla ‘faccia vostra’, ma voi sarete comunque soddisfatte/i dal vestire i panni di un imperatore o di un vichingo!!!”.

Claudio prosegue, partendo dalla causa che il «New York Times» ha avviato contro OpenAI, casa madre di ChatGPT, accusata di utilizzare gli articoli del NYT per addestrare il suo chatbot: “Interessante ciò che sta uscendo negli USA su OpenAI e altre AI come DALL-E, Firefly ecc. Nelle chat pubblicate e nei vari link citati, che sono la base della denuncia, i programmatori di Midjourney chiedevano ai loro utenti i nomi di chi inserire nel database, così da replicarne lo stile. Le risposte di chatGPT (versione a pagamento) erano prese per intero dagli articoli del «NYT» e altre testate giornalistiche”...

…Buon ascolto.
Guido Bellachioma
bellak@alice.it
www.progressivamente.com

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Cos’è THE NEXT BIG NIENTE? https://stonemusic.it/65048/the-next-big-niente/ https://stonemusic.it/65048/the-next-big-niente/#respond Tue, 09 Jan 2024 16:25:46 +0000 https://stonemusic.it/?p=65048 THE NEXT BIG NIENTE è un disco libero, pieno di suoni, idee, influenze. Perché i Bud Spencer Blues Explosion volevano ripartire da zero.

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di Antonio Bacciocchi

A cinque anni da VIVI MUORI BLUES RIPETI, il duo romano torna con un album in cui psichedelia, il loro classico rock blues contaminato e una totale libertà espressiva e creativa. A loro la parola.

THE NEXT BIG NIENTE è fortemente sperimentale. Com’è nata l’idea di un album così sperimentale?

Adriano Viterbini: Abbiamo registrato quello che avremmo voluto ascoltare, cercando di coniugare lo spirito live con l’energia che ci caratterizza. È un album duttile dove la musica è voluta mente svincolata dalla forma canzone, ma raccontata con immagini quasi cinematografiche.

C’è molta attitudine psichedelica, ma anche certe sonorità “desert rock” tipo Bombino, Tinariwen o Moda Moctar. È un riferimento?

Adriano: Sono sonorità che fanno parte del presente. Certe cose le abbiamo ascoltate, digerite e fatte nostre. Anche se non volevamo certo fare world music! A noi piace collaborare a progetti diversi dal nostro e di conseguenza quel background poi salta fuori, soprattutto quando fai cose non pensate o progettate.

Ci sono album o gruppi che hanno influenzato THE NEXT BIG NIENTE?

Cesare Petulicchio: Non siamo partiti da nessun progetto prestabilito. Durante la pandemia abbiamo ascoltato moltissima musica. Da quel pessimo  periodo è uscita, in generale, tantissima bella musica, tanti dischi davvero interessanti, e poi dal momento in cui si è ritrovata la libertà e il fatto che fosse come ripartire da zero, ha reso certe produzioni come una specie di nuovo esordio. Da lì abbiamo accumulato tante influenze, suoni, idee. Abbiamo utilizzato elettronica e altro, andando oltre la “normale” canzone.

…tratto da ultimo numero di Classic Rock, disponibile in edicola e online!

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Gli album del 1979: Florian de Le Orme https://stonemusic.it/18532/le-orme/ https://stonemusic.it/18532/le-orme/#respond Fri, 08 Dec 2023 09:27:52 +0000 http://stonemusic.it/?p=18532 Mentre la PFM e il Banco si orientarono verso la forma canzone, Le Orme optarono per tornare alle…

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Mentre la PFM e il Banco si orientarono verso la forma canzone, Le Orme optarono per tornare alle proprie radici musicali

Un breve estratto dell’articolo di Gianluca De Rossi comparso su Prog 23, in edicola. 

Alla fine degli anni 70 il vento del cambiamento aveva spazzato via il rock progressivo in ogni parte del mondo, Italia compresa. Mentre la PFM e il Banco si orientarono verso la forma canzone, più semplice e abbordabile, Le Orme optarono invece per una soluzione più coraggiosa e originale: tornare alle proprie radici musicali, che, per il gruppo veneziano, significava la grande tradizione della Musica Classica Italiana.

Fu così che Toni Pagliuca abbandonò tastiere e sintetizzatori per perfezionare lo studio del pianoforte e del clavicembalo, mentre Aldo Tagliapietra si dedicò al violoncello, senza peraltro abbandonare le chitarre acustiche; Germano Serafin cominciò a studiare il violino e Michi Dei Rossi le percussioni orchestrali. Fu da questo studio che nacque l’idea di realizzare un disco interamente acustico, che prese il nome dal più antico e famoso caffè di piazza San Marco: il Caffè Florian.

L’album presenta sette tracce: la prima, la title-track, funge da introduzione programmatica, l’ultima, El Gran Senser, è invece dedicata alla tradizionale saggezza veneziana. Entrambe sono interamente strumentali.

Se Jaffa è una denuncia contro le implacabili e imperscrutabili esigenze del mercato, in nome delle quali ogni anno vengono mandate al macero tonnellate di frutta mentre nelle zone più povere del pianeta si fatica a rendere fertile la terra, Il mago e Calipso rappresentano una raffinata critica antiamericana. Pietro il pescatore ha come bersaglio il ruolo della Chiesa, che non riesce più a dare risposte ai problemi quotidiani dell’uomo.

Fine di un viaggio affronta metaforicamente la fine di un’epoca, grazie al ripescaggio del Mr. Tambourine Man di Bob Dylan, la cui “nave magica è un relitto ormai”, mentre il verso “le tue ombre inutili, nessuno segue più” è un chiaro riferimento alla droga, che ancora imperversava nel mondo dei giovani, e contro l’uso della quale Le Orme si erano già scagliate con il brano Vedi Amsterdam in VERITÀ NASCOSTE (1976)

L’articolo integrale su Prog 23 che si può acquistare qui.

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Gli album del 1979: Stormwatch (Jethro Tull) https://stonemusic.it/18628/1979-stormwatch-jethro-tull/ https://stonemusic.it/18628/1979-stormwatch-jethro-tull/#respond Wed, 29 Nov 2023 13:02:14 +0000 http://stonemusic.it/?p=18628 Il terzo capitolo della triilogia folk, l'ultimo album della formazione classica: Stormwatch dei JETHRO TULL.

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Tratto dall’articolo di Gianluca De Rossi comparso su Prog 23.

STORMWATCH è il tredicesimo album in studio dei Jethro Tull, con cui si chiude la cosiddetta trilogia folk iniziata con SONGS FROM THE WOOD nel 1977 e proseguita poi con HEAVY HORSES nel 1978.
Se questi primi due capitoli esprimevano una concezione positiva e gioiosa della natura, il terzo, invece, sembra presagire la vendetta della stessa sull’uomo che l’ha violentata. Il concetto viene chiaramente rappresentato nel retro della splendida copertina: un gigantesco orso polare distrugge una base petrolifera nei ghiacci, davanti allo sguardo preoccupato e impotente dell’avvista-tempeste, che sulla front cover ha le fattezze dello stesso Ian Anderson.

Al di là delle tematiche ecologiste, l’album rappresenta un punto di frattura nella storia della band, portando di lì a poco allo scioglimento della formazione classica. Il bassista John Glascock verrà a mancare pochi mesi dopo la
pubblicazione del disco a causa di una malformazione cardiaca congenita, ed è presente in tre sole tracce (Flying Dutchman, Orion, Elegy), mentre Barriemore Barlowe, John Evan e David Palmer lasceranno la band nel 1980 a seguito dell’uscita di A, concepito in origine come album solista di Anderson e poi invece pubblicato a nome Jethro Tull all’insaputa dei vecchi musicisti.

Per tutti questi motivi, l’atmosfera che si respira in STORMWATCH è quella di una storia bellissima dall’epilogo triste, l’inevitabile fine di un’era gloriosa, il che lo rende piacevolmente malinconico e terribilmente romantico allo stesso tempo.

Emblematici, a tal riguardo, i due brani più belli: l’epica Flying Dutchman, ispirata alla leggenda marinaresca dell’olandese volante, ed Elegy, composta da David Palmer sulla falsariga dell’Aria sulla IV corda di J.S. Bach. Da menzionare inoltre la cupa Dark Ages, la frenetica North Sea Oil, dallo sferzante testo ecologista, l’acustica Dun Ringill che prende il nome da un forte risalente all’Età del Ferro, situato nell’Isola di Skye, e la strumentale Warm Sporran, così orgogliosamente scozzese, arrangiata con cornamuse e mandolini.

L’articolo integrale su Prog 23 che si può acquistare qui.

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Quando Phil Collins dei GENESIS prestò la sua voce alla Disney https://stonemusic.it/35961/phil-collins-genesis-disney/ https://stonemusic.it/35961/phil-collins-genesis-disney/#respond Wed, 22 Nov 2023 09:00:37 +0000 https://stonemusic.it/?p=35961 "L'italiano è la lingua più facile, fatta per cantare". Così dichiarò Phil Collins, GENESIS, quando registrò le colonne sonore di due famosissimi film d'animazione.

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Per Phil Collins in particolare, batterista e cantante prodigio, i successi più grandi sono arrivati non tanto con la band, quanto da solista. Negli anni 80, Collins piazzò infatti al primo posto in classifica ben 7 singoli negli Stati Uniti e 3 nel Regno Unito: In the Air TonightAgainst All Odds (Take a Look at Me Now)One More NightSussudio e Another Day in Paradise, tanto per citarne qualcuno.

Artista dalle mille risorse, nel 1999 Phil Collins strinse una collaborazione destinata a fruttargli un enorme successo: non con una delle solite etichette discografiche, ma con la Walt Disney Records.

Per la Disney, Phil registrò la sua prima colonna sonora: quella del film Tarzan. Tarzan non era un film qualunque. La sua colonna sonora, infatti, fu la prima della Disney registrata in lingue diverse per i vari mercati. Phil Collins, su musica di Mark Mancina, non si limitò a cantare in inglese, lingua originale del film, ma anche in italiano, francese, tedesco e spagnolo.

Fu proprio Collins a insistere perché fosse sua la voce presente in tutte le versioni: un doppiaggio inaccurato, secondo lui, avrebbe pregiudicato la comprensione e l'atmosfera di tutto il film. 

La versione più famosa, comunque, resta quella inglese, di cui il tema portante, You’ll be my Heart, venne premiato con un Golden Globe e con un Oscar alla miglior canzone originale.

Indovinate qual è la lingua che Collins preferì e ama tuttora? Proprio la nostra.

L’italiano è la più facile, è fatta per cantare. L’importante è la pronuncia: se non sei chiaro i bambini non capiscono.

Così, quando la Disney, nel 2003, chiese all'ex Genesis di registrare la colonna sonora per il film Koda, fratello orso, Phil Collins non cantò solo in spagnolo, francese, tedesco e persino giapponese, ma si dilettò particolarmente a incidere anche un disco con tutte le canzoni in italiano.

Tutte tranne una.

Per voi ho inciso tutti i brani tranne Great Spirits: in inglese la canta Tina Turner. In italiano vorrei la cantasse Laura Pausini. La sua voce esprime purezza.

La richiesta di Phil non venne esaudita, e la canzone venne doppiata da Lalla Francia. Per il resto, potete sentire Collins, capace di emozionare grandi e piccini con un italiano perfetto.

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Il delirio organizzato: tre domande a Gianni Leone del Balletto di Bronzo https://stonemusic.it/19065/gianni-leone-balletto-di-bronzo/ https://stonemusic.it/19065/gianni-leone-balletto-di-bronzo/#respond Sat, 18 Nov 2023 12:57:46 +0000 http://stonemusic.it/?p=19065 Uno dei personaggi chiave del Prog in un'intervista mozzafiato a Gianni Leone del Balletto di Bronzo!

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Ancora e forse più di ieri, Gianni Leone è un divo. Lo è sia che cammini per la strada, ordini un piatto vegetariano al ristorante o si esibisca sul palco con un timbro, un’estensione vocale e una padronanza della voce che fanno venire i brividi, una incredibile bravura e sicurezza alle tastiere e con gli altri strumenti, e una teatralità ogni volta rinnovata, fatta di glam, abiti unici, trucco, invenzioni, movimenti e comunicazione col pubblico che va ai suoi concerti come si recasse a un rito

Un estratto dell’articolo di Susanna Schimperna comparso su Vinile 19

L’aggettivo che viene spontaneo accostargli è “esagerato”, e lui ne sorride citando Oscar Wilde: “L’arte, per se stessa, è una forma di esagerazione”.  Questo indiscusso maestro del prog non si fa certo spaventare dagli attacchi. Ci è abituato. Da sempre. "Le mie zie e mia madre mi raccontano che fin da bambino avevo la smania di sovvertir le regole. Volevo andare all’asilo con la biancheria sopra e il resto sotto, per provocare. È la mia natura. L’Italia era (ed è) repressiva e cattolica e altrettanto lo sono state la mia famiglia, soprattutto mio padre, e la scuola".

"Quando passai dal pianoforte classico ai gruppuscoli di dilettanti, avevo solo undici anni e già mi vestivo in modo particolare, ma esplose tutto dopo i quattordici: cercavo di imporre il mio modo di essere, e vestire come volevo io mi era indispensabile. Prendevo gli inchiostri colorati per tinteggiare le camicie tradizionali, andavo nei negozi d’arredamento a comprare velluti strani per farmi pantaloni con la vita bassissima, attillati fino al ginocchio e larghissimi fino alle caviglie".

Si favoleggia molto del periodo tra la metà degli anni 60 e la metà dei 70, che sono poi quelli che hanno visto la nascita del prog e del Balletto di Bronzo. Cosa rimpiangi di quei tempi?
È un periodo mitizzato, pieno di lati negativi. La tv aveva solo due canali in bianco e nero, con la tetraggine dei Tg, c’era l’austerity, la moda non era di moda, tutto quello che esulava dalla norma era trasgressivo, era difficile mantenere la tua identità, era una battaglia continua.

Ma quando incontravi qualcuno come te, non potevi sbagliare: era un lottatore che si era messo contro la famiglia, la società, tutti. Oggi però tutto sembra normale, e se quello era oscurantismo, repressione, questa è follia. All’epoca l’esperienza con la droga aveva una sua valenza, si pensava che aprisse la mente, amplificasse la creatività, c’erano i supporti culturali. Adesso c’è questo abominio dello sballo in un’età in cui noi giocavamo col trenino, ci si sballa e non si sogna nemmeno, è come prendere una martellata in testa e barcollare.

Io avevo tredici anni e nei gruppi in cui suonavo erano tutti di almeno due o tre anni più grandi di me, ed evidentemente erano persone giuste, perché feci questa esperienza nel modo più sereno e allegro immaginabile, aiutato anche dalla mia natura virginea a non restarne coinvolto, men che mai dipendente.

Tre anni di delirio, sesso, droga e rock & roll

Siamo nel 1971, il Balletto ha già pubblicato il 45 giri Neve calda e il 33 giri SIRIO 2222, con musica rock blues. Tu entri e andate a vivere in un casale a Rimini. Tre anni di delirio. Davvero sesso, droga e rock & roll. Solo? Di più. Eravamo proprio sfrenati. Più che altro io e il batterista, perché gli altri avevano ragazze fisse con cui convivevano, per esempio Lino Ajello aveva una fidanzata svedese che è poi diventata la prima di tre mogli, tutte svedesi perché a un certo punto lui si trasferì in Svezia. Dicono di liti tra noi, per niente. Siamo tuttora molto amici. Le povere fidanzate non si aspettavano quella bolgia, quindi malumori... giustificatissimi. Io avevo addosso donne e uomini, ma ero libero. Donne e uomini, sì, perché ero efebico non avevo nemmeno la barba.

Erano situazioni estreme, la normalità era l’eccesso. Una notte il batterista prese la nostra auto, quella che usavamo per gli spostamenti, e strafatto fece correndo come un pazzo tutto il lungomare, cappottò, lasciò lì la macchina. Si guidava senza patente, non ce l’aveva nemmeno lui. Quando tornò al casale nessuno disse niente, perché di episodi così ce n’erano continuamente. Storiacce, furti, si tornava dai concerti e nei letti si trovavano persone di ogni genere, non si pensava a mangiare né a dormire, bisognava farsi e suonare. Io ero molto giovane e stavo appena cominciando a capire che fosse il sesso, ma, come in tutto, una volta iniziato non vado piano ma a duemila, salvo poi capire a che punto è il mio equilibrio.

Così il delirio, seppure organizzato (come lo definisce bene Gianmaria Consiglio nel suo libro Il Balletto di Bronzo e l’idea del delirio organizzato, ed. Eclysse), mi stufò. Andò via prima il bassista Vito Manzari, poi Ajello. Rimasti soli, io e Gianchi (Giancarlo Stinga) cominciammo a raccattare musicisti ovunque per suonare, pure gli autostoppisti. Chiedevamo: dove vai? a Milano? hai la patente? sai suonare? salta su e guida, poi sentiamo come suoni. Incidemmo in due l’ultimo 45 del Balletto di Bronzo, Donna Vittoria, che ancora mi piace (ispirato alla moglie dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone) e La tua casa comoda, che era una canzone sciocchina, ma mi consentì di capire che potevo diventare solista, perché lì suonai tutto io, pure la batteria.

A marzo ’72 il Balletto di Bronzo registra il secondo album, YS, il cui brano omonimo è considerato da molti il capolavoro del prog. Perché i brani, tutti tuoi, sono firmati da una donna?
Ero un ragazzino, non iscritto alla Siae. Questa anziana signora napoletana, mai incontrata né allora né poi, mi fece allora da prestanome, con l’intesa che i diritti arrivassero tutti a lei ma ce ne avrebbe data una parte. Negli anni 90 mi arrivò voce che il Balletto fosse diventato famoso nel mondo, quindi mi caricai e chiamai la signora, dicendole che poteva tenersi i diritti ma avrei voluto vedere il mio nome sull’album. Trovai una persona gentile che in dialetto napoletano mi disse “Vabbe’ guagliò, aggio capito” e seguì il suggerimento della Siae per risolvere la faccenda: firmò un documento in cui si autoaccusava. Non servirono avvocati.

Mi riappropriai della paternità e ufficialmente, nel ’95, tornai con la formazione Il Balletto di Bronzo, tenendo a Terni, a ottobre, il primo concerto. Vidi gente arrivare da tutta Italia e mi sembrò un miracolo. Ancora più stupefacente quando fui chiamato negli Stati Uniti. Per anni non avevo fatto promozione, ignoravo che avessimo ancora tanto pubblico. All’estero eravamo accolti in modo pazzesco. Locali pieni, a Tokyo gente che veniva all’aeroporto col mio disco in mano. Una parte di me ne soffriva: dove eravate quando io negli anni 80 odiavo la musica e non toccavo nemmeno la tastiera?

L’intervista completa su Vinile 19.

 

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Oggi esce il nuovo numero di PROG! https://stonemusic.it/64693/oggi-esce-il-nuovo-numero-di-prog/ https://stonemusic.it/64693/oggi-esce-il-nuovo-numero-di-prog/#respond Fri, 17 Nov 2023 13:00:08 +0000 https://stonemusic.it/?p=64693 Scopri il sommario della rivista più amata dai veri intenditori di PROG ROCK, da oggi disponibile in edicola e online!

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5. DIVAE PROJECT: Riflessioni progressive

8. COVER STORY | EMERSON LAKE & PALMER 1973-2023: 50 anni di BRAIN SALAD SURGERY

32. ATOMIC ROOSTER: La morte ti cammina alle spalle

42. PINK FLOYD 1965-1973: Live concert book

52. FAR CORNER: Chamber rock e altre storie

58. ROBERT FRIPP & DAVID SYLVIAN: The first day (1993)

67. IRENE BUSELLI: On the border

72. YES: Inside 90125

prog 51, nuovo numero prog

83. LA BOCCA DELLA VERITÀ: (Un)Connected

86. FLEA: Quante storie in un disco

92. OZRIC TENTACLES: Uno strano universo

95. ANCIENT EVIL: Il nuovo album

98. MARCO LEODORI: Un disco dopo 40 anni!

100. TROVER RABIN: Un nuovo esordio?

104. THE DEAR HUNER: Migrant Returned

106. FRANCESCO DESMAELE: Music photo gallery

 

Acquista l’ultimo numero di PROG, disponibile in edicola e online!

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ELP – 50 anni di Brain Salad Surgery… e 5 storie assurde | PROG https://stonemusic.it/64688/elp-brain-salad-surgery-prog-51/ https://stonemusic.it/64688/elp-brain-salad-surgery-prog-51/#respond Thu, 16 Nov 2023 19:06:05 +0000 https://stonemusic.it/?p=64688 Alla celeberrima copertina del più audace album di ELP sono legate particolari vicende che coinvolgono a vario titolo i più diversi personaggi e situazioni.

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Di Leandro Cioffi (Emersonology FB Group)
Tratto dal prossimo numero di PROG, da domani in edicola e da subito disponibile su Sprea.it!

 

1. Keith Emerson, trasferitosi in California nella prima metà degli anni Novanta, acquistò una moto Harley-Davidson 1300 cc facendo dipingere sul serbatoio il quadro di Giger con lo strumento prediletto dal Maestro svizzero, ossia l’aerografo. Purtroppo nel settembre 2002 ignoti violarono il garage del suo appartamento a Santa Monica e, nonostante antifurto e lucchetti, la trafugarono come già era avvenuto nel 1983 alla mitica Norton lasciata per pochi attimi davanti a un pub di King’s Cross. Il valore della Harvey era di circa 60.000 dollari: “Certe cose fanno venire voglia di trasferirti in Alaska!”, dichiarò con grande dispiacere.

2. La cantante francese Mylène Farmer, affascinata dalla suggestiva immagine femminile ispirata dalla compagna di Giger, in occasione del suo tour a cavallo del millennio e in accordo con Giger stesso ne fece costruire una statua alta 11 metri, che si apriva in due (guarda caso), dalla quale fuoriusciva e sulle cui mani si esibiva. Per costruirla ci vollero sei mesi di lavoro e 150 operai, capitanati dal designer Guy-Claude François, con una spesa di 300.000 euro. L’introvabile statuina prodotta a corredo del doppio Cd live ha raggiunto quotazioni interessanti, mentre oggi alcune parti della grande Iside (secondo la definizione che ne dette la cantante) sono installate nei giardini della cittadina provenzale di Vaucluse. Quanti ELP fan avranno assistito a quel tour solo per vedere il palco?

3. Dal mondo dei distillati: la storica ditta Matter Spirit ha dedicato una pregiatissima versione del suo assenzio voluta dal connazionale Giger e recante sull’etichetta il citato ritratto di donna dell’album, confezione da 50 cl gradazione 68%. In alto i calici... ma con moderazione.

4. Il 31 agosto 2005 al Museo Tecnico Nazionale di Praga si concludeva la retrospettiva su H.R. Giger, apprezzata da circa 40.000 visitatori, che annoverava tra le opere i due dipinti di BRAIN SALAD SURGERY (il secondo dei quali concesso dalla proprietaria a cui Giger l’aveva donato). Durante il fine settimana tutte le opere vennero imballate e chiuse in una stanza per il successivo ritorno in Svizzera il 5 settembre, ma al momento di scaricarle dal TIR mancarono all’appello proprio le due della copertina ELP valutate circa 110.000 franchi. Un premio di 10.000 dollari fu fissato a chi avrebbe fornito notizie per il ritrovamento di entrambe più un fine settimana gratis con visita a Château St. Germain di Gruyères, sede del Giger Museum. Chissà se ora c’è qualcuno che ascolta l’album in poltrona, sorseggiando assenzio e contemplando i due quadri appesi in soggiorno...

5. Concludiamo in gioielleria: nel 2018 l’elvetica Strom, specializzata in preziose lavorazioni artigianali, ha presentato il sontuoso orologio da polso “Argentum HRG”, l’ultimo progetto dello stesso Giger che ne impose la vendita solo dopo l’avvenuta dipartita. In argento 925, resistente all’acqua fino a 50 m, costruito e rifinito interamente a mano, sfoggia come corona uno dei celebri teschi biomeccanici dell’artista, mentre il quadrante è una spettacolare riproduzione in rilievo della copertina di BRAIN SALAD SURGERY minuziosamente replicata in ogni più infinitesimo dettaglio eccezion fatta per il logo ELP, mancante della sezione inferiore forse per motivi di copyright. Il costo di ognuno dei 99 esemplari in cui è prodotto l’orologio è pari a 22.500 franchi svizzeri: è sempre “l’ora”... di BRAIN SALAD SURGERY!

…Tratto dall’ultimo numero di PROG, disponibile in edicola e online!

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Un assaggio del prossimo numero di PROG https://stonemusic.it/64661/prossimo-numero-di-prog/ https://stonemusic.it/64661/prossimo-numero-di-prog/#respond Mon, 13 Nov 2023 18:49:40 +0000 https://stonemusic.it/?p=64661 "Questo è l'ultimo numero targato 2023", così inizia la lettera editoriale del prossimo numero di PROG, in edicola da questo venerdì!

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Questo è l’ultimo numero targato 2023, però come al solito mi coglie quasi di sorpresa. Penso al lungo cammino percorso e, soprattutto, provo a “buttare” l’occhio a quello da fare, ragionando sul futuro di «Prog Italia». Ogni momento di questa storia è importante, però due sono particolarmente emblematici: venerdì 5 dicembre 2014 e lunedì 15 giugno 2015, ovvero le uscite in edicola del numero zero (speciale del rock italiano anni Settanta) e del numero uno. Ammetto, come detto altre volte, che mai avrei immaginato di scrivere queste mie riflessioni sul numero 51 di «Prog Italia».

Qui di seguito gli anni da quando la rivista è in circolazione, lasciando da parte il 2014. Leggendoli in questo modo fanno una certa impressione: 2015-2016-2017-2018-20192020-2021-2022-2023!!! Niente male per una rivista “strana” come «Prog Italia». L’ormai imminente 2024 sarà particolarmente importante perché ci vedrà molto attivi sul territorio, tra concerti, festival, radio, dischi, seminari e iniziative varie allo studio.

Il problema più importante da risolvere sarà arginare la frana dei circuiti edicolari e distributivi, di cui da sempre cerco di analizzare le dinamiche. Purtroppo negli ultimi anni va sempre peggio e persino io, che ho sempre supportato le edicole, mi trovo costretto a consigliare l’abbonamento per evitare a tanti lettori molteplici e a volte inutili giri per trovarci... questa cosa succede sia nelle città che nei paesi. Naturalmente le edicole e i distributori che funzionano saranno da premiare, visto lo sforzo che fanno per rimanere in vita e supportare riviste come la nostra. Cercherò ancora di più di segnalare e pubblicizzare gli indirizzi di quelle in cui si troverà la rivista.

A volte sembrava che evocassi un fantasma inesistente ma l’unico problema che mi ha sempre messo paura per la chiusura della rivista è la reperibilità, nonostante il nostro editore sia uno dei più attenti alla distribuzione.

Questo numero è dedicato a Francesco Desmaele, uno dei migliori fotografi internazionali e mio grande amico, scomparso a metà settembre. Nelle otto pagine finali lui racconta cosa significhi realizzare immagini durante i concerti, in particolare dei musicisti dietro la batteria, penalizzati dalle luci di qualsiasi palco... non a caso Francesco veniva definito il “fotografo dei batteristi”. Ci sono foto di Hugh Banton dei VdGG, Mike Portnoy, Robben Ford, Guthrie Govan, Pat Mastelotto, Simon Phillips, Thomas Lang, Stewart Copeland, Joe Satriani, Paul Gilbert, Steve Lukather, Kenny Wayne Sheperd, Tommy Emmanuel, Simon Wright (AC/DC, Dio), Aquiles Priester (Tony MacAlpine, Angra). Caro Francesco, continuerai a vivere su «Prog Italia» con le tue splendide immagini.

Come al solito c’è tanta “roba”, poi ovviamente ognuno troverà artisti con cui è più in sintonia mentre di altri avrebbe fatto a meno, d’altronde lo spettro della “nostra musica” è davvero vasto e a me piace analizzarlo senza preconcetti... Tutta la gente di «Prog Italia» augura “buon compleanno”, anche se in ritardo, a Lino Vairetti (Napoli, 26 ottobre 1949), anima degli Osanna e mio/nostro grande amico, ancora con la voglia di vivere l’arte a 360 gradi. Solo 74 anni? Sei ancora un “pischello”...

Come sempre la musica degli artisti presenti in questo numero la potete trovare sul mio canale Spotify. Buon ascolto.

Guido Bellachioma bellak@alice.it • www.progressivamente.com

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Gli album del 1979: Fabrizio De André in concerto, arrangiamenti PFM vol. 1 e 2 https://stonemusic.it/18301/gli-album-del-1979-de-andre-pfm/ https://stonemusic.it/18301/gli-album-del-1979-de-andre-pfm/#respond Mon, 06 Nov 2023 13:49:23 +0000 http://stonemusic.it/?p=18301 La testimonianza di un tour indimenticabile, Fabrizio de Andrè e la PFM...

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Un breve estratto dell’articolo di Luca Benporath comparso su Prog 23, in edicola. 

Le cronache recitano che Faber andò a vedere la PFM durante il tour di PASSPARTÙ nell’estate del 1978 e rimase affascinato – anche se inizialmente titubante – dall’idea di essere accompagnato da quello che all’epoca era il gruppo italiano più conosciuto all’estero. In realtà De André ci aveva già provato quattro anni prima facendosi accompagnare dai New Trolls nel suo primo tour solista, ma in quella occasione la band si era limitata a eseguire i pezzi del cantautore genovese nella loro versione in studio.

Amico Fragile risulta una delle opere più grandi della musica cantautoriale

L’autunno del ’78 venne passato dalla band a dare un nuovo vestito ai brani di De André (il quale aveva appena pubblicato il fortunato RIMINI) e nel dicembre del 1978, appena prima di festeggiare il Natale, il tour partì. Chi scrive ha avuto l’enorme privilegio di assistere a un concerto di quel tour – nel pessimo Palalido di Milano – ma di esserne uscito affascinato da quella poesia che erano i pezzi di Faber. In origine, il live che viene tratto da quei concerti, registrato a Bologna e Firenze, doveva essere un singolo. Dopo il successo strepitoso viene deciso di pubblicare il secondo volume, che tuttavia non riesce a testimoniare l’intero show, mancando ovviamente i pezzi propri che la PFM eseguì durante lo spettacolo.

Per il resto c’è tutto: da Rimini e Zirighiltaggia agli evergreen Bocca di Rosa e La canzone di Marinella. Ma soprattutto c’è IL brano, quell’Amico fragile il cui assolo finale di Francone Mussida risulta una delle opere più grandi che la musica cantautoriale abbia mai potuto esprimere. Il tour, a causa di afonie varie di Faber, contestazioni continue (al PalaEur di Roma De André fu costretto a fermarsi e parlare con i contestatori per ristabilire la calma) e la cancellazione delle date in Sud Italia, durò poco più di un mese, terminando il 1° febbraio a Trieste dopo 29 esibizioni. Nel 2004, a 25 anni di distanza, ho avuto la fortuna di rivedere la “prima” della riproposizione da parte di Di Cioccio e compagni di quel tour, nello stesso teatro Tenda a Firenze dov’era stato registrato l’album live. I brividi, come nel 1979, li ho sentiti comunque, anche senza Faber.

 

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Joe Vescovi: il mago dell’Hammond https://stonemusic.it/18310/joe-vescovi-hammond/ https://stonemusic.it/18310/joe-vescovi-hammond/#respond Sun, 05 Nov 2023 09:54:26 +0000 http://stonemusic.it/?p=18310 Giuseppe “Joe” Vescovi, anima dei leggendari Trip, è stato senza ombra di dubbio uno dei più grandi tastieristi prog di tutti i tempi.

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Un estratto dell’articolo di Gianluca De Rossi  comparso su Prog 23

Joe Vescovi nasce a Savona il 1° gennaio del 1949. Alla fine degli anni 60, diventa il tastierista dei Trip, unendosi al bassista anglo-norvegese Arvid “Wegg” Andersen e al chitarrista inglese Billy Gray; con l’aggiunta del batterista piemontese Pino Sinnone, la prima line-up dei Trip è pronta a dar vita alla “musica impressionistica” del loro primo omonimo Lp (1970), frutto della commistione tra i vari generi in voga in quegli anni: beat, psichedelia, hard rock, blues.

Ma è con l’album successivo, CARONTE (1971), che il sound dei Trip giunge a maturazione e Vescovi diventa sempre di più il centro focale e propulsivo della band Dopo la sfortunata partecipazione alla manifestazione Controcanzonissima del gennaio del 1972, in cui i Trip subiscono il furto degli strumenti, Billy Gray lascia per intraprendere la carriera solista, seguito poco dopo da Pino Sinnone. A quel punto Vescovi e Andersen scelgono di continuare come trio, con l’aggiunta del giovane e talentuoso batterista torinese Furio Chirico, portando a compimento un percorso musicale sempre più articolato e complesso, che sfocerà nella genesi dell’album capolavoro dei Trip: ATLANTIDE (1972).

La formazione in trio mette Vescovi al centro della musica

La formazione triangolare, ispirata, come tante altre dell’epoca, agli Emerson Lake & Palmer, pone Vescovi ancor più al centro del discorso musicale; dalle sue tastiere, infatti, scaturiscono le trame che, attraverso le 8 tracce del disco, danno forma al concept dell’ascesa, splendore e distruzione del continente sommerso, attraverso l’uso sconsiderato dell’Energia ad opera del folle e tirannico Leader. Vescovi, tuttavia, usa essenzialmente due sole tastiere: l’inseparabile organo Hammond C3, utilizzato in tutta la gamma sonora già sperimentata in passato e perfezionata negli anni, compreso un pedale wha-wha (Ora X) e il Farfisa Professional Piano, con il quale disegna magistralmente sospesi paesaggi acquatici, oltre all’organo da chiesa (Analisi) e un generatore di frequenze per gli effetti sonori (Distruzione). Nonostante l’album sia un successo di pubblico e di critica, i Trip vengono abbandonati dalla RCA e realizzano l’album successivo, TIME OF CHANGE (1973), per la neonata Trident di Maurizio Salvadori.

La proposta musicale diventa ancora più difficile e d’avanguardia, presentando sulla prima facciata un unico lungo brano, Rhapsodia, in cui Vescovi da libero sfogo a tutto il suo talento compositivo ed esecutivo, arricchendo la sua strumentazione con il sintetizzatore e una tastiera per riprodurre la timbrica violini (anche se Joe riveler in un’intervista di aver supplito alla mancanza di una vera orchestra solo per motivi pratici ed economici).

Dopo lo scioglimento dei Trip, Vescovi si unisce prima agli Acqua Fragile (preferendo il complesso emiliano al Rovescio della Medaglia) e poi ai Dik Dik, con i quali collabora fino a tempi più recenti. Diventerà poi tastierista della band di Umberto Tozzi e fonderà in seguito i Tarrot, prendendo parte, insieme a Mussida e Di Cioccio della PFM, alla colonna sonora del film Attila flagello di Dio del 1982.

Dopo la reunion al Prog Exhibition del 2010 e la tournée in Giappone dell’anno successivo, Arvid Wegg Andersen muore il 31 marzo del 2012, seguito da Vescovi il 28 novembre 2014. Il testimone della musica dei Trip passa ora a Pino Sinnone, affinché la leggenda dei Trip sopravviva ancora e per sempre.

 

 

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