Articoli - Stone Music https://stonemusic.it Il Portale in cui batte un vero cuore rock Wed, 24 Apr 2024 19:10:28 +0000 it-IT hourly 1 https://i1.wp.com/stonemusic.it/wp-content/uploads/2019/05/cropped-favicon-1.png?fit=32%2C32&ssl=1 Articoli - Stone Music https://stonemusic.it 32 32 178453812 L’ultimo concerto al CBGB, il locale punk più celebre di New York https://stonemusic.it/56876/cbgb-punk/ https://stonemusic.it/56876/cbgb-punk/#respond Wed, 24 Apr 2024 15:00:23 +0000 https://stonemusic.it/?p=56876 Sono diversi i luoghi simbolo del rock. Dal Whiskey A Go Go al Marquee e il Cavern. Ogni epoca ha avuto la sua Mecca musicale e, per il punk, va sicuramente citato il CBGB. 

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Il CBGB era un club newyorkese aperto nel 1973 ad East Village, nel quartiere di Manhattan. Nacque come un locale per motociclisti, per poi essere rinominato Country BlueGrass and Blues, CBGB, per l'appunto. In pochissimo tempo, il locale divenne un simbolo per la scena punk rock, accogliendone i protagonisti, dai Ramones ai Television e ancora Patti Smith, Blondie e i Talking Heads. Dalla prima metà degli anni '80, il CBGB divenne rinomato per gli atti hardcore punk che ospitava. 

Storia ed evoluzione del club 

Lo store accanto al CBGB divenne, negli anni di massima espansione del club, un negozio di dischi ed un bar omonimo. Alla fine degli anni '80, il luogo divenne una galleria d'arte e un secondo spazio dedito ad ospitare esibizioni di varia natura. Il CBGB divenne, poi, un punto focale per il panorama artistico e musicale newyorkese, ospitando artisti rock, folk, jazz e sperimentalisti. Il CBGB si affermò come un punto di ritrovo per i giovani di Manhattan a tutte le ore del giorno, arrivando a vendere anche pizza newyorkese, tra le altre cose. 

All'alba del Terzo Millennio, il CBGB visse il suo tracollo. Entrò, dapprima, in un'accesa disputa legale per alcuni pagamenti arretrati al Comitato Bowery Residents. Nel 2005, il CBGB perse la causa e, nel 2006, dichiarò bancarotta. Era il 15 ottobre del 2006 quando il CBGB accese i riflettori per l'ultima volta, ospitando Patti Smith. Nel 2010, il CBGB cambiò forma e si trasformò in una piattaforma radio. A partire dal 2012, si tengono festival omonimi. Nel 2013, l'edificio che ospitava il locale entrò a far parte del registro nazionale dei luoghi storici

L'ultimo concerto al CBGB 

Patti Smith suonò diverse volte al CBGB prima della sua chiusura. Il suo nome fu accostato diverse volte a quello del locale e, per questo, l'ultima notte del club le spettava di diritto. Intervistata dal New York Times in occasione del concerto di chiusura del locale, Patti Smith rivelò il suo rammarico per la fine del CBGB che non rappresentò solo la chiusura di un locale importante per Manhattan, ma anche di un'epoca particolarmente fervente dal punto di vista artistico e culturale. Patti Smith si esibì al CBGB con grande trasporto, rivelando tutta la nostalgia per la chiusura del posto con interpretazioni magnifiche dei suoi brani più evocativi. In ogni caso, la leggendaria artista volle chiudere la serata con un messaggio di speranza nei confronti del futuro e, soprattutto, dei giovani artisti pronti a ripercorrere i passi di chi ha fatto la storia. 

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Le perle di GENE SIMMONS: “Le band del futuro non potranno pagarsi l’affitto” https://stonemusic.it/5341/gene-simmons-le-band-del-futuro-non-potranno-pagarsi-laffitto/ https://stonemusic.it/5341/gene-simmons-le-band-del-futuro-non-potranno-pagarsi-laffitto/#respond Sat, 20 Apr 2024 15:53:04 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=5341 Ecco la perla di oggi di GENE SIMMONS: i soldi, le rockstar, le band emergenti e cosa vuol dire avere successo oggi.

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Lavorare gratis? No, grazie

"L'idea di farmi il culo e poi qualcuno decida di scaricare i miei fil e condividerli, beh, non è questo il motivo per cui lavoro. E' un po' come dire, ti piace fare l'idraulico, andare in casa di qualcuno a lavorare tutto il giorno e poi, al momento di pagare, sentirsi dire 'No, ti ringrazierò e basta'" ha poi aggiunto: "Ho sentito dire da alcuni: 'Oh, hai abbastanza soldi!' come se mi servisse un ragazzino di 18 anni che mi dice quando i miei soldi sono abbastanza."

"La cosa più triste di tutte le prossime grandi band, è che nonostante il talento, il carisma e tutto il resto, non avranno mai la possibilità che abbiamo avuto noi, perchè non esiste più un'industria musicale. Non ci sarà modo per loro di pagarsi l'affitto. Dovranno rilasciare la loro musica praticamente gratuitamente."

 

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Accadde Oggi: il Freddie Mercury Tribute Concert https://stonemusic.it/9617/freddie-mercury-tribute-concert/ https://stonemusic.it/9617/freddie-mercury-tribute-concert/#respond Sat, 20 Apr 2024 07:13:32 +0000 http://stonemusic.it/?p=9617 Trentadue anni fa, al Wembley Stadium di Londra, il mondo intero assisteva ad un concerto epocale: il Freddie Mercury Tribute Concert: ecco cosa accadde quella notte, e alcuni video delle più belle esibizioni...

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Il 20 aprile del 1992, proprio come oggi, si teneva il Freddie Mercury Tribute Concert, al Wembley Stadium di Londra. Un concerto storico, per ricordare l'iconico frontman dei Queen, scomparso l'anno precedente. Per il concerto, furono esauriti oltre 72.000 tagliandi in meno di quattro ore, nonostante non si fosse ancora diffusa la notizia per cui sarebbero saliti sul palco altri artisti celebri, oltre alla band. E in effetti, si rivelò un vero successo. Non solo un meraviglioso concerto, ma un evento intriso di dolore per la perdita di Freddie, con la fortissima volontà di sensibilizzare il pubblico ad un argomento ancora spinoso, l'AIDS. Proprio per questa ragione, i proventi dell'evento furono devoluti in beneficenza alla Mercury Phoenix Trust per contribuire alla ricerca ed informare: questo, per un totale di 14 milioni.

Sul palco, salirono le più grandi star mondiali: Robert Plant, Guns N' Roses, David Bowie, Elton John, ovviamente i Queen e persino un artista italiano, Zucchero, fra i molti altri.
Lo show, fu l'ultimo concerto del bassista John Deacon insieme ai Queen (fatta eccezione per un'apparizione live nel gennaio del '97).

Secondo le stime ufficiali, il concerto trasmesso in mondovisione, raggiunse le case di oltre un miliardo di persone: fu un evento a dir poco epocale, che ricordiamo con affetto e un pizzico di nostalgia. Qui sotto, potrete alcuni video delle esibizioni di quella notte del 20 aprile di ventisei anni fa.

La scaletta completa del Freddie Mercury Tribute Concert, al Wembley Stadium di Londra

Metallica – "Enter Sandman", "Sad but True", "Nothing Else Matters"
Extreme – Queen Medley, "Love of My Life" (Gary Cherone & Nuno Bettencourt), "More Than Words"
Def Leppard – "Animal", "Let's Get Rocked", "Now I'm Here" (con Brian May)
Bob Geldof – "Too Late God"
Spinal Tap – "The Majesty of Rock"
U2 – "Until the End of the World" – via satellite da Sacramento, California
Guns N' Roses – "Paradise City", "Knockin' on Heaven's Door"
Mango Groove – "Special Star" – via satellite da Johannesburg, South Africa
Elizabeth Taylor – AIDS Prevention Speech

Le performance coi Queen

Queen + Joe Elliott/Slash – "Tie Your Mother Down"
Queen + Roger Daltrey & Tony Iommi – "Heaven and Hell" (intro), "Pinball Wizard" (intro), "I Want It All"
Queen + Zucchero – "Las Palabras de Amor"
Queen + Gary Cherone & Tony Iommi – "Hammer to Fall"
Queen + James Hetfield/Tony Iommi – "Stone Cold Crazy "
Queen + Robert Plant – "Innuendo (including parts of "Kashmir"), "Thank You" (intro), "Crazy Little Thing Called Love"
Brian May + Spike Edney – "Too Much Love Will Kill You"
Queen + Paul Young – "Radio Ga Ga"
Queen + Seal – "Who Wants to Live Forever"
Queen + Lisa Stansfield – "I Want to Break Free"
Queen + David Bowie & Annie Lennox – "Under Pressure"
Queen + Ian Hunter, David Bowie, Mick Ronson, Joe Elliot & Phil Collen – "All the Young Dudes"
Queen + David Bowie & Mick Ronson – "Heroes"
Queen + George Michael – "'39"
Queen + George Michael & Lisa Stansfield – "These Are the Days of Our Lives"
Queen + George Michael – "Somebody to Love"
Queen + Elton John & Axl Rose – "Bohemian Rhapsody"
Queen + Elton John & Tony Iommi – "The Show Must Go On"
Queen + Axl Rose – "We Will Rock You"
Queen - We Are the Champions"
Queen – "God Save the Queen"

 

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La volta in cui The Edge degli U2 ha tirato un pugno a Bono sul palco https://stonemusic.it/65824/la-volta-in-cui-the-edge-degli-u2-ha-tirato-un-pugno-a-bono-sul-palco/ https://stonemusic.it/65824/la-volta-in-cui-the-edge-degli-u2-ha-tirato-un-pugno-a-bono-sul-palco/#respond Fri, 19 Apr 2024 19:27:05 +0000 https://stonemusic.it/?p=65824 Il primo tour americano degli U2, iniziato al The Ritz club di New York nell’inverno 1980, fu un'esperienza intensa e carica di tensione, culminata in una rissa vera e propria sul palco durante uno degli spettacoli.

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Nella loro autobiografia del 2006, "U2 by U2", i quattro membri della band hanno raccontato quel tour. Bono ha ricordato: "Ogni sera doveva essere la migliore. Eravamo tutt'altro che rilassati. C'era molta combattività, a volte con il pubblico, a volte tra di noi”. Questa tensione portò a un'unica occasione in cui la band finì davvero a scazzottate sul palco. Era il 14 dicembre, al Toad's Place di New Haven, Connecticut, e la rissa vide The Edge sferrare un pugno a Bono in difesa del batterista Larry Mullen Jr..

Il cantante e il chitarrista parlarono della loro zuffa in un'intervista televisiva con Jonathan Ross nel luglio 2009. "Era uno di quei primi concerti in cui senti davvero che la tua vita dipende dal successo dello show", ha ricordato The Edge. "E a metà concerto la batteria di Larry ha iniziato a disintegrarsi, e lui era letteralmente lì con un set di chiavi inglesi a cercare di sistemarla. Bono non capiva cosa stesse succedendo, sapeva solo che Larry aveva smesso di suonare, e ha perso la testa... È stato il delirio.”

"Edge mi ha piazzato un bel pugno", ha detto Bono, mimando l'impatto di un colpo al lato della faccia. "Mi ha colpito molto, molto forte.” Nel libro "U2 by U2", la band ha fornito ulteriori dettagli sull’incidente. "Avevo dato il via a una canzone, e Larry non era entrato", ha spiegato Bono. "Ho ricominciato il conto, e lui non è ancora partito. Ho guardato intorno; sembrava che si stesse nascondendo dietro la batteria, dal mio sguardo fulminante. Così ho preso la batteria per mostrare al pubblico il batterista nascosto, e l'ho lanciata tra la gente."

"Mi ha inseguito intorno alla batteria, voleva uccidermi con un asta del microfono", ha raccontato Larry Mullen Jr.. "Sono corso allo spogliatoio, correndo per la mia vita. Edge è intervenuto e si è preso uno schiaffo mentre cercava di salvarmi.”

"Edge mi ha dato un pugno", ha ricordato Bono. "È stata una vera rissa, con tutti i membri della band che mi prendevano a botte, e io che ricambiavo. Era una pantomima pura…ma Edge sa tirare un pugno. C'è una lezione qui: non litigare mai con un uomo che si guadagna da vivere con la coordinazione occhio-mano."

 

Fonte: , Loudersound

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3 chitarre per gli Yardbirds https://stonemusic.it/8509/3-chitarre-per-gli-yardbirds/ https://stonemusic.it/8509/3-chitarre-per-gli-yardbirds/#respond Fri, 19 Apr 2024 10:00:22 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=8509 Hanno avuto Eric Clapton. Hanno avuto Jeff Beck. Hanno avuto Jimmy Page. Alla fine degli anni 60, nessun altro gruppo poteva rivaleggiare con gli Yardbirds. E senza di loro, non ci sarebbero stati i Led Zeppelin.

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Sabato notte a New York: 30 marzo 1968 – l’estate dell’odio ci è quasi addosso. Cinque notti dopo, Martin Luther King Jr sarà assassinato a Memphis. Altri due mesi e toccherà a Bobby Kennedy. Alla fine dell’anno, Richard Milhous Nixon sarà eletto 37° Presidente degli Stati Uniti. Hey Jude dei Beatles potrà anche essere il singolo più venduto dell’anno, ma è suo il lato B (Revolution) a parlare dritto al cuore della generazione di capelloni, e viaggiatori acidi in questa fredda serata primaverile sono in fila davanti all’Anderson Theatre al 66 della Second Avenue per vedere gli Yardbirds – il gruppo più groove d’Inghilterra. O meglio, ciò che ne resta. È la terza data del loro ottavo tour americano in quattro anni e anche se il chitarrista Jimmy Page e il bassista Chris Dreja non lo sanno ancora, sarà anche l’ultimo. “Avevamo perso l’entusiasmo”, ci svela oggi il batterista e cofondatore Jim McCarty. “Non avevamo più energie. Se ci fossimo presi una lunga pausa, ci fossimo seduti, riposati e presi tempo per pensare a nuove canzoni, forse saremo stati in grado di continuare. Ma a quell’epoca tutto si basava sul concetto di lavorare come muli e suonare ogni singola maledetta sera”, sospira. “Credevano che, se ti prendevi una pausa di sei mesi, nessuno si sarebbe più ricordato di te”.

Va anche detta una cosa: sarebbe sembrato a tutti un assurdo e inopportuno chiamare proprio in quel momento un time-out per quello che era uno dei più creativi, famosi e influenti gruppi dei Swinging Sixties. Famosi per hit proto-psych come For Your LoveShapes Of Things e Over, Upwards, Sideways, Down, gli Yardbirds erano anche stati la casa dei tre migliori chitarristi inglesi: Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page. Erano apparsi in film d’autore come Blow Up di Antonioni, ed erano adorati da emergenti del calibro di David Bowie, Rod Stewart, Steven Tyler, Alice Cooper, Lemmy, Gary Moore e Alex Lifeson…

«Gli Yardbirds erano sempre stati fantasticamente sgargianti, imperscrutabilmente cool, e favolosamente irraggiungibili»

Gli Yardbirds insomma erano la storia vivente – anche nel 1968. Ma anziché resistere e tramutarsi in un gruppo da Lp, cosa che tramutò i loro contemporanei Who, Kinks, Cream e Stones in superstar mondiali, alla fine degli anni 60 gli Yardbirds stavano per buttare la loro carriera nel cesso. Perché? Il problema, dice McCarty, era che “eravamo disperati. Non volevamo fare un altro tour degli Yardbirds”. Erano mesi che lui e il cantante Keith Relf discutevano tra loro di questa cosa… “Volevamo cambiare. Fare un altro tipo di canzoni, un altro tipo di musica. Qualcosa di più …rinfrescante. Dopo che ogni sera, tutte le sere, suonavi sempre la solita roba pesantissima… ci sembrava tutto senza uno scopo, un obiettivo… ma loro volevano andare avanti." ‘Loro’ erano Dreja e Page. E cazzo, certo che volevano andare avanti. O almeno, lo voleva Jimmy Page.

Quella notte all’Anderson Theatre fu un perfetto momento alla ‘sliding doors’. Basta ascoltare la registrazione live dello show – ora disponibile ufficialmente per la prima volta in YARDBIRDS ’68 (prodotto e restaurato digitalmente da Page e disponibile in diversi formati sul suo sito ufficiale) per capire cosa sarebbe potuto succedere se McCarty e Relf non avescoversero voluto smettere con tanta fermezza: non è esagerato definire il gruppo che suonò su quel palco quella sera i proto-Zeppelin. E non c’è nulla di male nel chiedersi cosa sarebbe accaduto se Page non se ne fosse andato tre mesi più tardi per trovare un nuovo cantante e una sezione ritmica con cui suonare – per creare quello che prima fu annunciato come gli Yardbirds featuring Jimmy Page, poi poche settimane dopo i New Yardbirds. E poi, ancora più improvvisamente, come un’entità del tutto nuova chiamata Led Zeppelin. In effetti, ascoltando il disco dal vivo del ’68, ‘i New Yardbirds’ sarebbe stata una descrizione più accurata della formazione che Page mise assieme nei mesi che seguirono il concerto all’Anderson Theatre. Perché era tutto già là a New York, nel marzo del 1968. Non solo l’impostazione sonora di Train Kept A-Rolling, Dazed And Confused e White Summer – ma anche quell’atteggiamento un po’ spocchioso alla ‘Non provateci nemmeno, siamo di gran lunga superiori a voi tutti’...

Leggi l'articolo completo nella cover story di gennaio di Classic Rock Italia! Disponibile anche online cliccando qui!

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L’intervista agli OLD ROCK CITY ORCHESTRA https://stonemusic.it/8514/old-rock-city-orchestra-intervista/ https://stonemusic.it/8514/old-rock-city-orchestra-intervista/#respond Thu, 18 Apr 2024 10:41:48 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=8514 Gli Old Rock City Orchestra sono una band di Orvieto che, dopo aver sperimentato diverse formazioni, ha finalmente raggiunto il suo equilibrio ideale.

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Come nascono gli Old Rock City Orchestra?
Io (Raffaele) e Cinzia suonavamo già insieme in un’altra band con la quale facevamo cover di musica anni ‘70/’80. Quell’esperienza ha rappresentato per noi l’ultima fase del lungo periodo musicale in cui solitamente “si impara a suonare” con le canzoni dei grandi artisti che hanno segnato la storia della musica. Poi è arrivata l’esigenza di esprimerci con qualcosa di autentico e abbiamo così deciso di dar vita a un nuovo progetto. Era il 2009. A noi due si è aggiunto da subito il bassista e amico Giacomo Cocchiara e in un primo momento anche suo fratello Laurence al violino. Dopo aver “provinato” diversi batteristi, abbiamo infine contattato una nostra vecchia conoscenza, Michele “Mike” Capriolo, che ha completato il quintetto. Ma siamo rimasti quasi da subito in quattro, perché a causa dei molteplici impegni in varie formazioni, Laurence è stato costretto dopo poco tempo a lasciare la band, anche se ha collaborato e collabora tutt’ora con noi sia in studio sia live.
Agli inizi del 2016, la band ha avuto un altro cambio di line-up con l’uscita di Giacomo e così siamo rimasti in tre, io alle chitarre, basso e voce, Cinzia voce e tastiere e Mike alla batteria, cori e percussioni.

Perché questo nome?
Si riferisce a Orvieto, la città in cui ci siamo conosciuti e siamo cresciuti insieme. L’antico nome latino di Orvieto, che sorge su una rupe tufacea, è Urbs Vetus, letteralmente “la città vecchia”. “La vecchia città sulla roccia” suonava in inglese “Old Rock City”, un gioco di parole che richiama anche il genere che più ci piace, il vecchio rock. Ma non era ancora sufficientemente pomposo, lungo e difficile da ricordare! Così, abbiamo deciso di diventare gli Old Rock City Orchestra.

Fate un rock-prog con influenze psichedeliche. Quali sono le vostre fonti d’ispirazione?
(Cinzia) Effettivamente il nostro sound ha un richiamo alla musica rock progressiva e psichedelica. Jethro Tull, Gentle Giant, Uriah Heep e altri ancora sono sicuramente modelli di riferimento, ma se suonare musica prog significasse solo tempi dispari, suite di oltre 20 minuti e utilizzo obbligatorio di mellotron allora si andrebbe contro il concetto stesso di musica progressiva. Ovviamente, anche noi gli siamo debitori, ma cerchiamo di farne buon uso per proporre qualcosa di nuovo (o almeno tentare di farlo!).

Quali sono stati i percorsi musicali, anche individuali, che vi hanno condotto al vostro sound attuale?
Io (Mike) ascolto da sempre musica rock e heavy metal. Iron Maiden, Deep Purple, Toto, King Diamond e altri ancora fanno parte del mio bagaglio musicale. Ho imparato a suonare la batteria “rubando” dai più grandi! Ognuno di noi attinge al proprio background di ascolti ed esperienze che vanno a confluire e ad arricchire nelle forme più varie il sound della band. Io e Raffaele, chitarrista dall’anima blues, ai tempi del liceo, un po’ come Brian May e Roger Taylor dei Queen, ci incontravamo ogni pomeriggio in un negozio di strumenti musicali e suonavamo insieme per ore, anche con musicisti di passaggio! Mentre Cinzia, che è una musicista più “classica”, ha avuto l’onore di conoscere ed esibirsi con Mike Moran, che con i Queen ci ha suonato davvero!

Quanti album avete all’attivo e cosa ci dite a riguardo?
(Cinzia) Nel 2012 è uscito il nostro album d’esordio ONCE UPON A TIME, seguito nel 2015 da BACK TO EARTH, entrambi pubblicati dall’etichetta indipendente M. P. & Records. Pur avendo in comune le sonorità rock e la psichedelia, il primo è più spontaneo, vivace e meno “meditato”, mentre il secondo è un vero e proprio “concept” dove la musica si fa più ponderata, la scelta dei suoni è maggiormente curata e il tutto tende verso una dimensione più oscura e introspettiva.

Cosa ne pensate del rock in Italia? E voi, come siete percepiti dal pubblico?
(Raffaele) Questa è una domanda difficile! L’attuale scena rock italiana è ricca di nuovi gruppi di qualità, ma in un mondo musicale dove il pop commerciale “usa e getta” la fa da padrone, il rock trova poco spazio. E’ un vero peccato perché il rock è ascoltato da tutti, anche i più giovani, che vanno ai concerti e comprano ancora i dischi. La situazione realmente drammatica riguarda le band emergenti, come la nostra: molti locali preferiscono le cover band di Vasco Rossi o Ligabue per fare cassa. Nella migliore delle ipotesi, anche tribute band dei Pink Floyd, o dei Queen. Per questo le radio nazionali difficilmente inseriscono un tuo brano nella programmazione, e le possibilità di farsi conoscere si limitano ai social, le radio indipendenti e qualche rarissimo festival di settore.
Il rock non è morto, ma vive nel (e del) passato. Dobbiamo lottare ogni giorno per evitare l’estinzione e, forse, siamo più apprezzati all’estero che in Italia. In generale, quando suoniamo, il pubblico viene catturato dalla nostra musica e questo ci fa ben sperare per il futuro!

Vi siete aggiudicati il contest di «Classic Rock» con il brano Lady Viper, “la donna vipera”. Cosa si cela dietro a questo pezzo?
(Raffaele) È una metafora che descrive il dualismo tra la paura di cedere alle tentazioni e il desiderio di farlo. Rappresenta l’eterna lotta tra la ragione e l’istinto, tra il dovere e il piacere. La nostra “Lady Viper” è una figura femminile “velenosa”, una sorta di sintesi tra Eva, la prima donna, e il serpente dell’Eden, che attira
a sé l’Adamo di turno, apparentemente intenzionato a resistere al fascino del proibito, ma segretamente desideroso e attratto dalla figura tentatrice e dalla sensazione stessa dell’essere tentato. Cosa fare? Cedere o resistere?

Se vi chiedessimo cosa è cambiato dall’inizio di questo percorso ad oggi, cosa ci direste?

(Mike) Da quel primo EP del 2010 di cose ne sono successe! Il primo lavoro discografico pubblicato nel 2012, un tour europeo l’anno successivo, un secondo album nel 2015, il recente ritorno in Inghilterra con il concerto di Liverpool, la vittoria del contest di Classic Rock Italia! Quando abbiamo iniziato questa avventura non potevamo immaginare di ottenere risultati così importanti. Partire da una sala prove delle campagne umbre e arrivare a suonare a Londra al famoso The Hope and Anchor dove si sono esibiti, tra gli altri, Dire Straits, Clash, Police, Ramones, è un sogno che si realizza, così come partecipare al Balkan Youth Festival in Bulgaria e suonare davanti a migliaia di persone, o condividere il palco con artisti che hanno segnato la tua crescita musicale come i leggendari Biglietto Per L’Inferno, oppure essere l’opening act di Bernardo Lanzetti, cantante storico della PFM. Abbiamo avuto anche momenti difficili, specialmente dopo il cambio di formazione, ma ciò che è rimasto immutato è l’entusiasmo e la voglia di andare avanti, di continuare a crescere e di fare sempre meglio, scrivendo nuova musica e continuando a sognare!

 

 

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Come gli SKIANTOS misero a ferro e fuoco il rock italiano https://stonemusic.it/8518/come-gli-skiantos-misero-a-ferro-e-fuoco-il-rock-italiano/ https://stonemusic.it/8518/come-gli-skiantos-misero-a-ferro-e-fuoco-il-rock-italiano/#respond Wed, 17 Apr 2024 15:34:47 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=8518 Gli SKIANTOS: vitali e furibondi, e Bologna produsse la band più “fuori” del rock italiano. Ecco la cronaca di quei confusi, irripetibili momenti.

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L'origine degli Skiantos è avvolta (volutamente?) nella nebbia.
Siamo a Bologna (questo è sicuro): nella prima metà degli anni 70 pare esista un branco di ragazzini che si trovano nella cantina di uno di loro, tale Roberto Antoni che si fa chiamare Freak. In cantina, fanno soprattutto casino e ascoltano dischi: “Ci chiamavamo Freak Antoni e la Demenza Precoce – ricorderà poi Antoni – facevamo canzoni che non avevano il minimo contenuto da predicare. Delle canzonacce”. Makaroni o Permanent flebo (che finiranno nel primo album) sono di quel periodo.

Punk, new wave etc. non esistono ancora (non a Bologna o in Italia, comunque): a dominare il panorama musicale sono ancora progressive e cantautori. Anni dopo, nel 1977, Freak – che adesso frequenta il Dams – contatta un compagno di facoltà che fa teatro, Stefano Cavedoni, e gli chiede di studiare qualcosa di teatrale per un’ipotetica band. “Che genere fate?”, gli chiede, e Freak: “Non ne ho idea!”.
Ma tu suoni? Canti?”.  “No, e tu?”. “Neanche”.
Bene, dunque: nessuno suona, nessuno canta, quindi si può fare una band. Giusto? Giusto. 
Ma qui bisogna capire, come si dice, il “contesto”, perché se non si comprende cos’era Bologna nel 1977, non si possono capire appieno gli Skiantos e le altre decine di gruppi che in quei giorni misero a ferro e fuoco il rock italiano. Per cercare di raccontare cosa sia successo a Bologna tra il 1976 e il 1980 sono stati scritti libri, si è data voce ai protagonisti culturali, musicali e politici del periodo, si sono organizzati convegni e dibattiti. Eppure, resta molto difficile riuscire a raccontare anni in cui vicende politiche, artistiche, musicali, cronaca, candelotti, proiettili, cortei, convegni, occupazioni, concerti, vetrine spaccate, autoriduzioni, eroina a fiumi, spille da balia, follia, radio libere e mille altre schegge impazzite cozzarono violentemente dando origine a un ribollire che ancora oggi può essere rappresentato solo come un mosaico che cambia aspetto a ogni angolazione.

«Il gruppo sulla carta c’è, ma non ha mai suonato una nota insieme - in realtà, alcuni dei componenti non si conoscono neanche»

cliccando qui.

Musicalmente, si era arrivati a un punto morto: la creatività in città era, per diverse ragioni, ridotta quasi a zero. Si faceva musica come sempre, ma non si inventava quasi nulla. Più o meno, questo avveniva anche a livello nazionale: i cantautori iniziavano a… “cantarsi addosso”, i gruppi rock si impelagavano in un progressive sempre più arzigogolato e perfino la canzone commerciale viveva una fase di grande stanchezza rappresentata dal quasi annientamento del Festival di Sanremo, quasi abbandonato anche dalla televisione. A dare uno scossone all’ambiente musicale ci pensò l’esplosione del punk, ma questo fu solo uno dei mille aspetti che contribuirono all’ebollizione di quegli anni.
Perché se la Bologna del tempo sembrava il solito placido paesone addormentato, sotto la cenere la situazione era culturalmente e politicamente esplosiva. Dal 1975, il Conservatorio G.B. Martini vantava due corsi unici in Italia: Musica elettronica di Gianfelice Fugazza e Musica d’uso di Ettore Ballotta. In quei corsi si stavano preparando alcune delle menti più lucide della musica di quegli anni e di quelli a venire, come ad esempio i produttori Oderso Rubini (ne riparleremo),  Mauro Malavasi, Fio Zanotti e Celso Valli. Poi il Dams, che esisteva da diversi anni, nel ‘77 arrivava a ben 12.000 iscritti tra i quali futuri fumettisti, giornalisti e scrittori come Pazienza, Tondelli, Cacucci, Lucarelli o Iacona. Poi dal febbraio ‘76 trasmetteva Radio Alice, emittente che prima ancora che “incitare alla lotta armata” (questa la motivazione con cui fu chiusa) rappresentava un caposaldo della controinformazione: un microfono aperto a chiunque volesse dire qualcosa, una fonte inesauribile di musica che nessun altro trasmetteva, il catalizzatore di tanta disordinata, caotica e urgente creatività. Tutti questi elementi contribuirono in maniera determinante alla formazione di una “nuova” coscienza giovanile, nuovi gusti, nuove istanze. Proprio tra il ‘76 e il ‘77 prese vita il Movimento Studentesco che rivendicava con enorme forza spazio per idee, fantasia e creatività. Uno spazio che in nessun senso le istituzioni sapevano dargli. E non si trattava solo di rivendicazioni culturali: in una città storicamente governata dal PCI, il “nemico” del Movimento non era la destra italiana (qui quasi inesistente), ma la molto più ingombrante sinistra istituzionale: non a caso, accanto al portone d’ingresso della Facoltà di Lettere campeggiava l’enorme scritta “In Cile i carri armati, in Italia i sindacati”.
Sempre nel 1977, la stragrande maggioranza  degli iscritti al PCI bolognese aveva più di 40 anni: i giovani non si riconosceva più in un partito sempre più condiscendente (a livello locale e nazionale) con la DC, e se ne allontanavano. Di sicuro, chi governava la città non capì (o non volle, o non poté capire) la ricchezza del Movimento e delle sue idee, che erano sicuramente confuse e magari contraddittorie, ma avevano comunque il dichiarato obiettivo di mettere in crisi qualsiasi modello esistente, visto come impedimento alla libera creatività...

 

Tratto da Classic Rock #27

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TOM PETTY: la canzone perfetta https://stonemusic.it/7514/tom-petty-la-canzone-perfetta/ https://stonemusic.it/7514/tom-petty-la-canzone-perfetta/#respond Mon, 15 Apr 2024 12:52:39 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=7514 Stretto tra il punk, i primi vagiti del goth e della new wave, sul finire degli anni 70 "Refugee" ribadì con fierezza il primato del rock chitarristico.

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Era pomeriggio tardi e Mike Campbell se ne stava pigramente seduto ad ascoltare la versione di John Mayall di Oh Pretty Woman, quella contenuta in CRUSADE del 1967 e registrata con un giovanissimo Mick Taylor pre-Rolling Stones alla chitarra. Quel pezzo aveva un suono scuro, minaccioso, addirittura pericoloso. Fu proprio quel suono di chitarra a ispirargli una canzone intitolata Refugee.
Adoro quel disco”, afferma Campbell. “Lo suonavo per esercitarmi con la chitarra, seguendolo nota per nota. Adoro il modo di suonare di Mick Taylor, e probabilmente qualcosa di quel sound mi si è appiccicato addosso”. In fondo, tutto inizia sempre da qualcos’altro. “Avevo una chitarra Gibson che volevo provare”, continua, “e mi ero messo in testa di trovare degli accordi su cui poter costruire dei riff potenti, massicci.”
Così, Campbell registrò alcune idee per la chitarra su un quattro piste, e poi, senza nemmeno scriverci sopra un titolo, diede la cassetta a Tom Petty perché l’ascoltasse.

Refugee era la canzone perfetta, quella che avrebbe sbloccato Petty una volta per tutte

Nel 1979, i due amici non avevano ancora scritto molto assieme, ma Denny Cordell, che in seguito sarebbe stato il loro produttore, suggerì che poteva essere una buona idea. Proprio in quel periodo, Campbell e Petty avevano scritto un brano immaginato come primo singolo di quello che sarebbe stato il disco d’esordio dei Tom Petty & the Heartbreakers, ma non era un granché. Poi Campbell comprò il suo registratore quattro piste e qualcosa cambiò.
Fu in quel preciso momento che il talento di Mike sbocciò”, ricordava Petty. “Stava sempre a trafficare con quei nastri che preparava a casa sua. Per il nostro terzo album, DAMN THE TORPEDOES, mi portò questi due brani incredibili: Refugee e Here Comes My Girl. Fu lì che si sbloccò”.
Con quel materiale, anche la Musa di Tom Petty si sbloccò: gli ci vollero solo 10 minuti per scrivere un testo da montare sulla musica priva di titolo che aveva ascoltato nella cassetta datagli da Campbell. Ma questa fu l’ultima cosa facile di Refugee.

Ricordo solo di avergli dato la cassetta dicendogli: ‘Ecco qualche demo’”, racconta Campbell sorridendo. “Non ci pensai più di tanto. Poi, alla successiva sessione di prove, lui mi disse: ‘Ho lavorato sul tuo nastro e ho messo un testo a questo brano’. E io, incuriosito: ‘Davvero?’. Quando me la suonò, rimasi a bocca aperta. Subito dopo, il gruppo cercò di impararla e questo fu un bel problema: cercare di catturare dal vivo con la band la magia di quel demo non era impresa facile e richiese del tempo”.

Dal numero #60 di Classic Rock

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Stand Up: tre domande a IAN ANDERSON (Jethro Tull) https://stonemusic.it/17531/domande-ian-anderson-jethro-tull/ https://stonemusic.it/17531/domande-ian-anderson-jethro-tull/#respond Thu, 11 Apr 2024 08:48:46 +0000 http://stonemusic.it/?p=17531 Il leggendario flautista/frontman IAN ANDERSON ci parla del fondamentale secondo disco dei Jethro Tull, quello che li allontanò dal blues e definì il loro stile

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THIS WAS era un disco blues con l’aggiunta di un flauto. Cosa cambiò col successivo?
Il primo disco fu un modo per iniziare ad avere un pubblico, e cominciare a essere capaci di farne uno. Io però volevo sviluppare il gruppo più nella direzione di quella che la stampa inglese avrebbe poi chiamato musica rock prog. Andavo al Marquee a vedere i King Crimson, e anche i primi concerti degli Yes. Tutto questo mi rafforzò nella convinzione di poter osare un po’ di più.

Nel passaggio tra i due dischi, il chitarrista Mick Abrahams fu sostituito da Martin Barre. Come mai?
Tanto di cappello a Mick Abrahams: era un ottimo chitarrista, un bravo cantante e teneva il palco benissimo. Ma quello che io volevo per il gruppo non faceva per lui. Lui amava il blues e il r&b. Voleva fare THIS WAS II. Lo convinsi a suonare su Love Story [singolo del 1968, non presente sul disco] ma quando fu pubblicato era già fuori dal gruppo.

Cosa provocò il cambio di direzione? La noia?
Be’, ho sempre detto che il progressive alla base nasce dalla noia di suonare di continuo le stesse cose. E più cresci musicalmente come professionista, più diventi consapevole di cosa puoi realizzare. Volevo fare un sacco di cose. Ad esempio, avevo appena iniziato a interessarmi di musica classica, non solo per starla a sentire, ma ascoltarla a fondo e farsi venire idee. In effetti, c’erano solo due generi con cui non volevo avere niente a che fare: il country & western e qualsiasi cosa che prevedesse una chitarra hawaiana.

 

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Jaguar: la Fender di Kurt Cobain https://stonemusic.it/17558/jaguar-la-fender-di-kurt-cobain/ https://stonemusic.it/17558/jaguar-la-fender-di-kurt-cobain/#respond Tue, 09 Apr 2024 09:44:32 +0000 http://stonemusic.it/?p=17558 Fender Jaguar: la chitarra del grunge, proprio come quella di Kurt Cobain...

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Fender Jaguar: la chitarra del grunge

Nome: Fender Jaguar


Anno di inizio della produzione: 1962


Fine della produzione: 1975; venne prodotta nuovamente a partire dal 1999 (ed è ancora in  catalogo)


Progettista: Fender Company


Caratteristiche principali:  La particolare dotazione di controlli  (che garantisce una notevole varietà timbrica) deriva dai circuiti che Freddie Tavares (progettista di spicco alla Fender), aveva progettato e montato sulle sue chitarre personali. Il diapason è più corto delle Stratocaster e delle Telecaster: 610 mm al posto dei tradizionali 648 mm, con tasti più comodi (e stretti) e una minor tensione delle corde. Corpo in ontano, manico in acero, tastiera in palissandro.


Musicisti famosi che l’hanno suonata: Tom Verlaine, Kurt Cobain, Carl Wilson, Bob Dylan, Bill Frisell, Thom Yorke, Noel Gallagher...


Costo dello strumento nuovo: dai 600 ai 1600 euro circa, a seconda delle specifiche


Genere musicale:  inizialmente presentata come chitarra per surf music, ebbe una seconda giovinezza con l'esplosione del grunge e del rock alternativo


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La vita e tutto il resto secondo Tony Iommi https://stonemusic.it/8109/vita-toni-iommi/ https://stonemusic.it/8109/vita-toni-iommi/#respond Mon, 08 Apr 2024 10:28:40 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=8109 Ecco le riflessioni dell'icona dell’heavy metal, Tony Iommi, a proposito degli insegnamenti ricevuti da una vita abbastanza movimentata.

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È un orgoglioso cittadino di Birmingham che suona canzoni sul diavolo, ma che ha anche i suoi angeli custodi. Ha ottenuto fama e successo oltre ogni immaginazione, vendendo milioni di dischi e suonando davanti a milioni di fan con un gruppo che è stato tra i padri fondatori dell’heavy metal. Gli incidenti di percorso sono stati dei veri incubi – tra varie ed eventuali, anche una diagnosi di cancro.

Tony Iommi: "Credete sempre nell'impossibile!"

Ho perso la punta di due dita in un incidente sul lavoro. Era il mio ultimo giorno, stavo per lasciare quella fabbrica di lamiere per diventare musicista professionista. Avevo solo 17 anni e i medici mi dissero che provare a continuare a suonare la chitarra non aveva senso. Io però non ho mollato e alla fine ho trovato un sistema. E quest’attitudine ce l’ho avuta per tutta la vita: non ho mai mollato quando qualche membro del gruppo è andato via. Trovi un sostituto e vai avanti. E alla fine, comunque, siamo tornati insieme.

Tony Iommi: "I miei riff? Non ho idea da dove vengano"

Ma sono grato che ci siano. Arrivano dal nulla, non è che mi siedo lì a studiarli. Mi vengono e basta. È molto strano: mi siedo a suonare e in dieci minuti mi vengono due o tre riff. Qualcuno fa un po’ schifo, ma la maggior parte è utilizzabile. Sono una frana in molte altre cose, ma se c’è una cosa nella vita che mi riesce bene, quella sono i riff.

 

L'ultimo concerto dei Black Sabbath è stato strano, i primi invece facevano schifo

È una sensazione che si è sviluppata man mano che ci stavamo avvicinando a quell’ultimo concerto alla Genting Arena, ma che ho iniziato ad avvertire davvero solo il giorno stesso dello show. Guardavo il pubblico durante le ultime canzoni e c’era gente che piangeva. Sei un idolo per loro e amano ciò che fai, e da una parte mi sentivo come se li stessi deludendo. Che peccato!
Come siamo riusciti ad affermarci partendo da quei giorni, non saprei dirlo precisamente. Suonavamo in posti in cui nessuno era interessato. Oppure posti in cui  a gente pensava fossimo lì per suonare pop. Ricordo una serata in un posto a Egremont, il Toe Bar, dove un tizio si mise a urlare: “Il vostro cantante fa schifo!”. Fu davvero imbarazzante. Ovviamente, con il passare degli anni siamo migliorati, ma abbiamo dovuto educare il pubblico – e anche noi stessi – al nostro tipo di proposta, che era così diversa dal resto. È stato un processo di apprendimento.

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Gli anni berlinesi di David Bowie https://stonemusic.it/8112/berlino-david-bowie/ https://stonemusic.it/8112/berlino-david-bowie/#respond Sun, 07 Apr 2024 11:13:06 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=8112 Berlino offrì a David Bowie la possibilità di rialzarsi e produrre una trilogia a dir poco sensazionale, con la complicità di due amici silenziosi...

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David Bowie già lo sa, e voi pure, Berlino non dorme mai. Ma quando lo fa, il suo sonno è sempre agitato. Dal rombo dei locali notturni, dai cantieri in continua attività, ma anche dagli spettri del suo passato, tuttora visibili, e che nessuno ha mai voluto cancellare: la chiesa decapitata dell’imperatore Guglielmo rimasta com’era dopo i bombardamenti del 1943; l’angosciante memoriale dell’olocausto sulla Ebertstraße, e il chilometro di muro superstite lungo lo Spree. Colta ed elegante nel Settecento, spavalda e imperiale nell’Ottocento, ma il cui mito bohémien degli anni Venti fu eclissato dal nazismo e dalla costruzione del muro che la divise in due. Una lacerazione profonda che nessun’altra città dovette mai subire, e che neppure la riunificazione del 1989 riuscì a tamponare.

 

Ma le ristrutturazioni, si sa, mettono le ali ai mattoni. Con incrollabile tenacia teutonica, si pianificò prima la suburbanizzazione delle ex aree orientali (le sole in cui si poteva costruire massivamente), poi furono bonificati i quartieri più degradati in preda agli hausbesetzer, mentre il restyling del centro fu affidato ad architetti di chiara fama: Helmut Jahn (suo l’avveniristico Sony Center presso la Potsdamer Platz), Norman Foster. Una frenesia innaturale partorì quella che fu chiamata la Neue Berlin, ma tra ristrutturazioni, espropriazioni e un’ipervalorizzazione immobiliare che acuì nuovamente il divario sociale, il meccanismo s’inceppò scoperchiando una megalopoli opulenta, dalle potenzialità infinite, ma ancora cicatrizzata e incerta. Orfana grazie a Dio delle sue velleità autoritarie, ma anche di quel torbido fascino antagonista che intorno alla metà degli anni Settanta la trasformò in culla della controcultura europea. Un’isola libertaria in cui bastava essere residenti nel settore Ovest per essere esentati dal servizio militare; che offriva ai potenziali squatter un’altissima disponibilità di case sfitte o abbandonate, e dove i militari, anziché controllare la città, se la spassavano nei nightclub di Charlottenburg, lasciando droghe e prostituzione minorile circolare indisturbate.

Un bengodi quindi per ogni sottogenere di fauna urbana, ma anche per quegli artisti che, come David Bowie, Iggy Pop e Nick Cave, stavano attraversando il loro periodo più chimico, e per questo ne avevano fatto la loro sede operativa. In particolare Iggy e David, che dal 1976 al 1978 condivisero un appartamento in Hauptsraße 155. Dei due coinquilini, però, era David quello più problematico. Iggy stava lentamente resuscitando da un lungo silenzio artistico e personale,  mentre lui, indebolito dalle perversioni californiane, doveva dare un erede a STATION TO STATION, l’album che lo aveva traghettato dal glam al dandy, tumulando definitivamente il mito di Ziggy Stardust. Al suo posto, c’era ora il thin white duke, il gracile duca bianco che con algida eleganza centrifugava rock, ambient e avanguardia, e si presentava solo sul palco con aria aristocratica e decadente, proprio come quella che si respirava a Berlino. Ma Mr Jones non era lì soltanto per quello...

5 curiosità David Bowie
Foto via: blog.optoprep.com

 

Bowie: Berlino dopo Los Angeles, cercando di non combinare ulteriori disastri...

Doveva dimenticare i chili di cocaina inalati a Los Angeles, tornare a una vita normale, e possibilmente non combinare ulteriori disastri. Per esempio, mandare a monte il matrimonio con Angie, che disgustata dalla sua condotta pensò bene di portare il piccolo Zowie (nato nel 1971) più lontano possibile dal padre, o darsi arie da neonazista procurandosi anatemi da tutto il mondo. Velo pietoso infine sulla sua tossica recitazione in The Man Who Fell to Earth di cui, per sua stessa ammissione, “non capiva nulla di ciò che stesse accadendo”, e il compitino berlinese era presto assegnato: darsi rapidamente una ripulita.
Per qualche settimana a dire il vero non ci riuscì molto bene, complice l’amico tentatore Iggy Pop, col quale fece bagordi nei locali più lubrichi della capitale come l’Unlimited e lo Dschungel sul Kurfürstendamm, e frequentò i peggio ritrovi per gay, escort e transgender. In più, in una notte di fine agosto, e sempre accanto a Iggy, qualcuno lo vide pure guidare come un pazzo, speronando ripetutamente la macchina di un pusher, reo a suo dire di averlo rispettivafregato, ed entrare a ottanta all’ora nel parcheggio sotterraneo del suo hotel urlando di volersi schiantare contro un muro.
La gimcana durò parecchio, fortunatamente la benzina finì prima che accadesse il peggio, e una volta fermi i due sciagurati esplosero in una crisi isterica. Nulla di fatto anche stavolta, l’episodio venne semplicemente ricordato nel brano Always Crashing In The Same Car, ma era ovvio che non si poteva andare avanti così.

Probabilmente David non ce l’avrebbe fatta da solo, ma a quel punto intervenne Corinne Schwab, detta “Coco”, sua assistente personale dal 1973, la cui enorme devozione gli salvò la vita. “A quei tempi ero completamente fuori, ma solo Coco mi fece capire quanto fossi stupido, e come riprendere in mano la situazione”, confesserà Bowie anni dopo. Non a caso, le avrebbe lasciato in eredità la bellezza di due milioni di dollari. Che poi i due siano stati amanti, non è dato di saperlo...

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Bruce Dickinson: gli Iron Maiden sono migliori dei Metallica? https://stonemusic.it/7634/bruce-dickinson-iron-maiden-metallica/ https://stonemusic.it/7634/bruce-dickinson-iron-maiden-metallica/#respond Fri, 05 Apr 2024 08:46:08 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=7634 Facciamo chiarezza: BRUCE DICKINSON reputa i Metallica meglio o peggio dei suoi Iron Maiden? Scoprilo qui!

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Iniziò tutto nel 2011, il frontman degli Iron Maiden BRUCE DICKINSON disse che la sua band era nettamente superiore ai Metallica e, rifiutandosi di abbandonare quella posizione, ha spiegò a Metal Hammer: "Mi sono imbattuto nel dire che siamo meglio dei Metallica, ed è vero. Potrebbero anche essere più grandi di noi, e vendere più biglietti ma non sono i Maiden. Ho solo detto quello che pensavo."

Più recentemente, in una nuova intervista con Rolling Stone, Dickinson ha chiesto di ritrattare sui suoi precedenti commenti nei confronti di James Hetfield and co., dicendo: "Sono consapevole di ciò che dice la stampa. La roba sui Metallica, francamente, è stato uno scherzo. Siamo sempre stati in buoni rapporti coi Metallica e quel commento non era rivolto a loro: era rivolto al resto del mondo, come a dire: 'Siamo tornati per davvero', e ne eravamo così convinti che siamo finiti nel dire qualcosa di scandaloso. Vi abbiamo sfidato per invitarvi al nostro concerto. Si trattava di lanciare il guanto di sfida, sono il frontman, è il mio lavoro" ha continuato Dickinson.

"Sono il cantante degli Iron Maiden, è normale che sia arrogante, ogni tanto. Mick Jagger è arrogante? Sì, probabilmente."

 

 

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VIDEO: Bob Dylan rende omaggio a Tom Petty https://stonemusic.it/7480/bob-dylan-learning-to-fly/ https://stonemusic.it/7480/bob-dylan-learning-to-fly/#respond Wed, 03 Apr 2024 10:07:20 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=7480 La memorabile interpretazione di Learning to Fly di BOB DYLAN per rendere omaggio all'ex collega e amico Tom petty: guarda il video!

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Il concerto di BOB DYLAN risale al 2017 e si trovava a Broomfield, in Colorado, tenutosi il giorno successivo a quello che sarebbe stato il 67° compleanno dell'artista, mancato all'inizio di questo mese.

Dylan durante l'esibizione ha parlato del defunto collega nei Traveling Wilburys, e amico, Tom Petty. "E' stato scioccante" ha dichiarato a Rolling Stone. "Ho pensato a Tom, era un grande artista, pieno di luce, un amico e non lo dimenticherò mai."

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DAVE GROHL: uscire dall’ombra di Kurt Cobain https://stonemusic.it/7118/dave-grohl-kurt-cobain/ https://stonemusic.it/7118/dave-grohl-kurt-cobain/#respond Mon, 01 Apr 2024 13:33:09 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=7118 Il primo assaggio dei Foo Fighters lo diede, nel gennaio 1995, Eddie Vedder passando in radio... ma avevano ancora molto, da dimostrare, e la sfida era soprattutto per DAVE GROHL.

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Da “Il batterista di Smells Like Teen Spirit” ai Foo Fighters...

Il primo assaggio dei Foo Fighters lo diede, nel gennaio 1995, Eddie Vedder passando alla radio il demo contenente Exhausted e la cover di Gas Chamber degli Angry Samoans, che Grohl gli aveva lasciato qualche mese prima. “Il batterista di Smells Like Teen Spirit” era ancora segnato dallo spaventoso modo scelto da Kurt Cobain per lasciare il mondo e l’approccio punk scanzonato di alcuni pezzi, così come i video ironici dei singoli, fecero intendere da subito l’intenzione di cancellare quella tragedia.

 
nevermind, nirvana, classic rock

Passai buona parte delle interviste a difendermi dall’accusa di avere dedicato I’ll Stick Around a Kurt. Soprattutto il verso I don’t owe you anything… Ho giurato sulla Bibbia. Sono una persona sensibile e non gli avrei mai mancato di rispetto. Qualche domanda mi fu rivolta pure per la copertina: sono appassionato di sci-fi e quella raffigurata è la pistola giocattolo di Buck Rogers, ma in fondo erano passati solo quindici mesi da quando Kurt si era tolto la vita”. E aggiunge: “Ho riflettuto molto sul fatto che i Nirvana fossero dei pessimi comunicatori. Eravamo totalmente passivi-aggressivi. È qualcosa che cerco tuttora di dominare e quando trasmetto un’opinione penso di essere stupido oppure ho paura di diventare la più grande testa di cazzo del pianeta. Ma in questa band siamo orgogliosi delle nostre qualità comunicative”.

Dave Grohl doveva dimostrare di valere qualcosa e saper scrivere una canzone, soprattutto dopo l'ascesa dei Nirvana...

I’ll Stick Around e Big Me andarono abbastanza bene, ma FOO FIGHTERS non vendette come avrebbe potuto. Soprattutto Grohl doveva dimostrare di sapere scrivere canzoni, suonare la chitarra e cantare, dopo avere vissuto dal suo drum kit l’esplosione del grunge e l’incredibile ascesa dei Nirvana. I suoi testi erano indecifrabili, a parte quello di Oh George (Trace around the corner / this is what I’ve learned / always waited for my turn…) e la violenza di alcuni passaggi venne definita come “pugni che proteggono un viso vulnerabile”.

 

Nel 1996 il gruppo registrò una cover di Down In The Park di Gary Numan, per la colonna sonora di X Files, poi invitò in studio Gil Norton (Pixies, Throwing Muses) per dare alla luce THE COLOUR AND THE SHAPE. “Avevo registrato il primo album tutto per conto mio e in soli cinque giorni. Volevo che suonasse bene, ma non avevo intenzione di pubblicarlo. Il suono di chitarra è sempre lo stesso, il suono di batteria è sempre lo stesso e le parti vocali sono affrettate. Per il secondo album, l’approccio è stato totalmente diverso. Ho speso più tempo sugli arrangiamenti e sui testi. Avevo meno paura di dire qualcosa. Wind Up per esempio parla della stampa e di quando mi capita di leggere di musicisti che passano il tempo a lamentarsi. Divento matto a pensare a questi individui che non capiscono quanto siano fortunati. Ci sono le rockstar e poi ci sono quelli come me, fanatici della tecnologia e degli UFO”.

Finalmente i Foo Fighters possedevano un’identità sonora, in costante bilico tra alternative rock e punk collegiale, e soprattutto canzoni come Monkey Wrench e Everlong, in grado di stoppare qualunque critica. Intanto la line-up cambiò ancora con l’ingresso di Taylor Hawkins, già batterista di Alanis Morissette, e Franz Stahl al posto di Pat Smear. “Credo che Pat abbia lasciato la band” – rammenta Grohl – “per la paura di volare. Non aveva più voglia di venire in tour ed era comprensibile che avesse altri interessi. Franz è quasi un fratello per me. Pezzi come Monkey Wrench o Enough Space suonano come se fossero suoi. Avrebbe dovuto essere nei Foo Fighters fin dall’inizio, ma era impegnato con i Wool. Più o meno è successo lo stesso con William. Avevamo appena terminato di registrare l’album e ci siamo resi conto che lui avrebbe voluto essere da un’altra parte. Inoltre, suonate da lui, le parti di batteria non funzionavano. Non erano abbastanza potenti e così, d’accordo con Gil, decisi di registrarle da capo”.

Tratto dal numero #59 di Classic Rock Italia

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Ukulele nel deserto: da suonare in caso di emergenza https://stonemusic.it/6977/ukulele-nel-deserto/ https://stonemusic.it/6977/ukulele-nel-deserto/#respond Mon, 01 Apr 2024 13:12:53 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=6977 Dopo la tragedia del Burning Man un artista ha installato una serie di cabine di emergenza nel deserto: al loro interno, degli ukulele.

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L'artista Justina Lange di Brooklyn, ha deciso di lanciare un messaggio provocatorio, seppur con grande maestria e delicatezza. Avete presente il Burning Man? E' il celebre festival che ogni anno si ripete nel deserto del Nevada, esagerato, aggressivo e selvaggio. Durante l'esibizione del 2017, un uomo ha perso la vita lanciandosi all'interno della struttura in fiamme accesa durante la maxi-cerimonia di chiusura. Così, Lange ha voluto lanciare un messaggio alle istituzioni, posizionando qua e là una serie di piccole cabine rosse di emergenza. Non cabine qualsiasi, per quanto il loro aspetto ricordi le piccole cabine americane utilizzate per chiamare i pompieri, al loro interno sono contenuti tanti Ukulele. Tre modelli diversi per la precisione.

foto di Rusty Blazenhoff

Proprio così, "In caso di emergenza, suonare un Ukulele!". L'artista è stato sovvenzionato direttamente dal Burning Man per realizzare queste installazioni che, oggi, sembrano proprio delle piccole oasi rosse nel deserto.

L'artista ha poi dichiarato: “Cosa succederebbe se le infrastrutture pubbliche rispondessero davvero ai bisogni emotivi e intimi dei suoi cittadini?

foto di Rusty Blazenhoff

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QUEEN: la copertina pazzesca di News Of The World https://stonemusic.it/7029/queen-la-copertina-pazzesca-di-news-of-the-world/ https://stonemusic.it/7029/queen-la-copertina-pazzesca-di-news-of-the-world/#respond Sun, 31 Mar 2024 10:03:10 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=7029 O di come i Queen coinvolsero un maestro dell’illustrazione fantasy e sci-fi per la copertina di NEWS OF THE WORLD...

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Pensate alla copertina di un disco dei Queen. Ci sono buone possibilità che se non stiate pensando alle teste fluttuanti nell’ombra raffigurate da Mick Rock per QUEEN II, allora abbiate scelto il gigantesco e impassibile robot che si s taglia su NEWS OF THE WORLD. Esteticamente – per non dir e anche musicalmente – il sesto disco dei Queen in studio fu una rottura con il passato. I loro due dischi precedenti – A NIGHT AT THE OPERA del 1975 e A DAY AT THE RACES del 1976 – erano stati esercizi di minimalismo, con lo stemma progettato da Mercury e uno sfondo monocromatico.

Per NOTW lo spunto venne quando Roger Taylor scoprì un vecchio numero 3 della rivis ta di fantascienza USA «Astounding Science Fiction». Sulla copertina c’era il robot che ormai conosciamo bene, ma qui, nella sua forma originale, teneva in mano un c adavere, gli occhi freddi e vuoti, apparentemente incapace di rendersi conto del crimine che aveva appena commesso. Il gruppo, ovviamente, non voleva limitarsi a riprodurre l’immagine, per cui rintracciò l’autore dell’illustrazione, Frank Kelly Fres, per concordare un adattamento. Nel mondo dell’illustrazione di fantascienza, Freas era una super star. Era stato il primo artista a vincere 10 premi Hugo (gli ‘Oscar della Sci-Fi Art’) e aveva illustrato opere dei nomi più import anti del genere come Isaac Asimov e Robert Heinlein. Il suo lavoro più famoso però era di tutt’altro genere. Freas infatti era l’ideatore di Alfred E. Neumann, il simbolo della rivis ta «MAD».

Foto via: nz.pinterest.com

Un Robot gigante protagonista di NEWS OF THE WORLD

Freas acconsentì a modificare il disegno, adattandolo per NEWS OF THE WORLD: il robot avrebbe avuto tra le grinfie i corpi insanguinati di May e Mercury, mentre Taylor e Deacon cadevano al suolo come bambole rotte. Se si apriva la copertina gatefold, si poteva vedere il mostro di acciaio che si abbassava per pescare vittime dalla folla terrorizzata. Era e restava un’immagine spietata, stranamente inquietante, come mostrato nell’episodio dei Griffin del 2 012 Killer Queen, dove Stevie il figlio piccolo della famiglia Griffin è terrorizzato dalla copertina del disco (episodio basato sui ricordi d’infanzia di Seth McFarlane, l’autore dei Griffin).

I Queen non hanno mai avuto una mascotte come Eddie, Rose o Snaggletooth, ma l’affetto per il colosso metallico di NEWS OF THE WORLD – a cui Brain May si riferisce chiamandolo ‘Frank’ – è palpabile. Lo abbiamo visto apparire sotto forma di cammeo nel corso di molte date del tour del gruppo con Adam Lambert. Il 23 giugno 2017 alla Gila River Arena in Arizona, i primi arrivati lo hanno visto sfondare un muro fatto di schermi prima di We Will Rock You, apparire sui tamburi della batteria di Taylor, infastidire May durante un assolo e minacciare di rubare la scena ad Adam Lambert quando quest’ultimo ha cantato Killer Queen sulla testa del robot.

Questo articolo compare originariamente nel numero #58 di Classic Rock Italia.

Testo: Henry Yates

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Il grunge prima dei Nirvana: 20 cose che hanno preparato il terreno a NEVERMIND https://stonemusic.it/56554/prima-di-nevermind-nirvana/ https://stonemusic.it/56554/prima-di-nevermind-nirvana/#respond Thu, 28 Mar 2024 09:00:56 +0000 https://stonemusic.it/?p=56554 Con NEVERMIND, i Nirvana segnarono un grande punto di svolta per il mondo della musica e del rock…

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Con NEVERMIND, i Nirvana segnarono un grande punto di svolta per il mondo della musica e del rock in particolare. Il loro contributo alla cultura giovanile degli anni '90 si rivelò, ben presto, profondissimo e il loro lascito inestimabile ne è la prova.

Era il 24 settembre del 1991 quando i Nirvana si misero al timone della scena musicale internazionale, eseguendo una brusca e audace virata verso orizzonti nuovi: la rivoluzione sonica del grunge raggiunse la vetta, ma qualcosa, prima dell'uscita del disco, fu apripista per il suo successo. Demoralizzazione giovanile, tematiche sociali delicate e una fortissima incertezza per il futuro, ma non solo. I baluardi del grunge sono molti, nonostante gli schemi del genere possano apparire semplici. Ma come si arrivò a NEVERMIND?

nirvana_grohl

Melvins

Formatisi nel 1983 a Montesano, i Melvins vengono spesso definiti i padri putativi del grunge. Chitarrista e cantante, Buzz Osborne era accompagnato da Matt Lukin al basso e Dale Crover alla batteria. Il gruppo si ispirava ai Kiss, ai Sabbath e ai Cheap Trick, mescolando le loro influenze in un sound hardcore punk esplosivo che permeò con forza nel tessuto musicale di Seattle.

Green River

I Green River sono rimasti sulle scene per soli quattro anni, pur esercitando un grande impatto sulla nascita del grunge. La popolarità della band non si estese oltre Seattle, ma per molti, il loro EP COME ON DOWN, rappresenterebbe il primo, vero esempio, di disco grunge.

CZ Records

Non è la casa discografica che salta subito all'immaginario collettivo quando si pensa al genere a cui appartengono Nirvana e Pearl Jam. Ciò nonostante, la CZ Records, col suo DEEP SIX, una raccolta di incisioni originali da parte di gruppi come Soundgarden, Green River, Melvins, Skin Yard, Malfunkshun e U-Men è un manifesto del genere.

Soundgarden

Il primo gruppo importante emerso dalla scena grunge è quello dei Soundgarden, formatosi nel 1984. Con le sue interpretazioni intense e la sua voce inconfondibile, Chris Cornell viene ricordato come uno dei più grandi frontman nella storia del rock. I Soundgarden furono la prima band grunge a firmare con una major.

Mudhoney

Nati dalle ceneri dei Green River, i Mudhoney si formarono nel 1988. Divennero presto uno dei gruppi più importanti tra i giovani. Kurt Cobain era uno dei loro fan più appassionati, non avendo mai mancato nel citarli spesso tra le sue massime influenze.

Sub Pop

Fondata nel 1986 a Seattle, la Sub Pop divenne immediatamente un punto di riferimento per gli artisti emergenti del grunge. Se la Motown fu un simbolo degli anni '60, la Sub Pop lo fu per i '90. Sonic Youth, Skinny Puppy e Steve Albini sono solo alcune delle personalità che hanno varcato le soglie della Sub Pop che, tra le altre cose, rilasciò il primo singolo dei Nirvana, Love Buzz.

Alice In Chains, Black Antenna, Rainier Fog, Film, Stonemusic, Adam Mason

Alice In Chains

I Nirvana non furono la prima band grunge nella storia del genere, anzi. Il gruppo di Cobain seppe distinguersi per la crudezza del suo sound e il significativo trasporto dei testi. Ciò nonostante, gruppi come gli Alice In Chains sono stati dei veri pionieri della controcultura grunge, basti pensare ai primi lavori che la band pubblicò al tramonto degli anni '80.

Screaming Trees

Una band di periferia, nata a due ore dalla fervente Seattle, nel 1985. Il gruppo spese diversi anni nella definizione del suo stile predefinito, pur non disdegnando sperimentazioni eclettiche e un sound graffiante. Gli Screaming Trees cavalcarono la cresta dell'onda del mainstream prima che i Nirvana facessero uscire NEVERMIND, pur perdendosi nel marasma che la scena grunge sarebbe diventata qualche tempo dopo.

The Rocket

Stampa alternativa ante litteram. Il «The Rocket» era un giornale di Seattle, in circolazione dal 1979. Le pubblicazioni si concentravano sulla scena musicale underground, concedendo agli artisti una vetrina efficace per salvarsi dall'oblio. Occasionalmente, il «The Rocket» si concentrava sugli artisti in tour più blasonati, mentre preferiva spostare la sua attenzione sul dinamismo contro-culturale di quegli anni e sugli anfratti più nascosti della scena di riferimento.

KCMU 

LA KMCU fu una stazione radio importantissima per i primi anni del grunge. Si trattava dell'unica stazione locale che supportava le band su base regolare. Il legame della KMCU e la scena musicale underground di Seattle era molto forte, la KMCU trasmise Love Buzz in anteprima quando Kurt Cobain andò a consegnarla lì di persona. 

Crocodile Cafe 

Il Crocodile Cafe aprì i battenti nel 1991. Da allora, divenne un simbolo della scena grunge che, intanto, era già diventata il simbolo del rock di quegli anni. Tutte le grandi band del genere varcarono il palco del Crocodile: dai Pearl Jam ai Nirvana e, poi, i Mudhoney, i Mad Season e i Tad. Il Crocodile riaprì nel 2009 e, dopo la pandemia, ne fu annunciato il trasferimento a circa 1 km dalla sede originale. 

Mother Love Bone 

Il progetto successivo ai Green River in cui Stone Gossard e Jeff Ament si cimentarono furono i Mother Love Bone, una band carismatica sul palco che. nel 1989, con il suo EP SHINE, destò grande clamore nella scena di riferimento. 

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Il contesto sociale 

Il grunge ha, a tutt'oggi, una forte risonanza tra i giovani. Il genere musicale nacque dal desiderio di una generazione disagiata di far sentire la propria voce, di dare importanza ai propri problemi. La musica li aveva abbandonati quando il rock si vendette al mainstream, nella seconda metà degli anni '70 e il punk non sempre rispecchiava le giuste tematiche che affliggevano i ragazzi che, in quegli anni, diventavano sempre più sensibili e desiderosi di nuove esperienze, sia positive che negative. 

Temple of the Dog 

I Temple of the Dog nacquero dal desiderio di Chris Cornell di rendere omaggio ad Andrew Wood, suo amico e coinquilino prima che perdesse la vita per un'overdose. Cornell chiamò a rapporto Stone Gossard e Jeff Ament e unì le forze con Matt Cameron e Mick McCready. Al progetto si sarebbe, più tardi, aggiunto Eddie Vedder, dando vita ad un ibrido Soundgarden/Pearl Jam. 

Pearl Jam 

La storia dei Pearl Jam è delle più affascinanti: costellata di successi e particolarmente emozionante. La band di Eddie Vedder che, prima di entrare a farne parte, era impiegato come benzinaio, ha esercitato la sua influenza su intere generazioni, grazie a brani grintosi e ricchi di significato. I Pearl Jam arrivarono prima dei Nirvana e, con il loro disco di debutto, TEN, diedero prova al mondo del vero potenziale del grunge. 

Black Dog Forge 

Un piccolo scantinato posto sotto la bottega di un fabbro che, in poco tempo, fu convertito in una sala prove per le band locali. Le mura della Black Dog Forge trasudavano di storia. Lontanissima dagli studi dove le grandi band incidono produzioni milionarie, la sala prove ha accolto gruppi come Pearl Jam, Soundgarden e Temple of the Dog. 

La Off Ramp

Ogni epoca e ogni luogo ha il suo locale musicale di riferimento. Nell'annovero delle grandi location del rock, trova spazio la Off Ramp, un luogo che negli anni subì molti cambiamenti, fino a diventare una discoteca prima e, infine, una vera e propria Mecca per il grunge in cui si sono esibite band come Alice in Chains e MudHoney. La Off Ramp fece da sfondo al live di debutto dei Pearl Jam dove il gruppo eseguì brani come Alive e Black

Easy Street Records 

Questo negozio di dischi divenne un punto nevralgico per i giovani artisti che sarebbero diventati i protagonisti della scena grunge. Matt Vaughan, proprietario dell'Easy Street Records, aprì bottega quando era appena un teenager. Sin dagli albori del genere, si professò grande fan del grunge e accolse le band che aderivano al movimento nel suo negozio per esibirsi o vendere i propri dischi. 

chris-cornell

L'estetica 

Per trasformarsi in un movimento culturale icastico, il grunge aveva bisogno, come ogni altro genere musicale precedente, del resto, di un'estetica forte. Il leitmotiv del genere si basava su ideali nichilisti. Per questo, l'estetica del grunge doveva trasmettere rabbia, indipendenza e distacco verso i costrutti. Ecco, dunque, che presero piede mode come le camice di flanella, gli abiti larghi e i jeans strappati, tra le altre cose. 

KXRX 

Abbiamo precedentemente citato KCMU, la radio locale gestita da studenti universitari che metteva a disposizione delle band emergenti una vetrina efficace. La realtà di KCMU, però, era particolarmente ristretta e, quindi, utile agli artisti solo quando muovevano i primi passi. Per spiccare il volo, i nomi del grunge dovevano assicurarsi un posto su KXRX, la prima radio commerciale che supportò il genere con fervore

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Nickelback: figli di un Grunge minore https://stonemusic.it/6476/nickelback-grunge-minore/ https://stonemusic.it/6476/nickelback-grunge-minore/#respond Mon, 25 Mar 2024 09:14:01 +0000 http://www.classicrockitalia.it/?p=6476 Davvero bizzarro e tortuoso il sentiero percorso dai NICKELBACK: nei loro vent’anni hanno esordito da sfigatelli postadolescenti, e poi?

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Il tortuoso percorso dei Nickelback e la forzatura del post-Grunge

Davvero bizzarro e tortuoso il sentiero percorso dai Nick’ nei loro vent’anni, nel dorato ma tremendo panorama del music-biz, che li ha visti esordire da sfigatelli postadolescenti sulla via di quello che si tentò di chiamare a forza post-grunge ma che, almeno per CURB (il loro esordio autoprodotto del 1996) sembrava il  classico “Quattro anni per riordinare le idee”, ed ecco che nel 2000 vede la luce THE STATE, che incanala la band sulla via già tracciata da nomi come Drowning Pool, P.O.D., Godsmack e un pizzico di Silverchair ma non va oltre il numero 130 delle charts USA.

La Roadrunner ci crede e a un anno di distanza stampa SILVER SIDE UP, dove compaiono tematiche personali che sfociano sia in brani dalle chitarre sature ma anche in malinconie acustiche agrodolci, anche se il  suono che esce fuori pare oggi un po’ datato, con una produzione a metà strada fra Creed e Staind. How You Remind Me però è il singolo giusto per tutti i nerd malinco-grunge del nuovo millennio.

La progressiva mutazione dei Nickelback e l'eco del Grunge

Poi nel 2003 esce THE LONG ROAD, e la progressiva mutazione rivela una discreta consistenza compositiva, sempre riecheggiante l’enfasi della Seattle alternative, ma rivestendo i brani di un tocco radiofonico al passo coi gusti del terzo millennio. In definitiva, si rinnova la  formula dell’album precedente, con un suono più pulito ma al tempo stesso pompatissimo, con buona pace dei subwoofer di centinaia di migliaia di auto americane.

La consacrazione arriva con ALL THE RIGHT REASONS, un’esplosione che tocca più livelli di percezione, dove, alla fama crescente, fa eco una  consistente pletora di agguerriti detrattori, pronti anche ad analizzare i testi di Chad Kroeger pur di spernacchiare i contenuti dei loro dischi. Ma in questi solchi  avviene la completa mutazione verso un sound invero coraggioso e originale, nel tentativo di mettere a comune denominatore due facce del rock in totale antitesi  tra loro: le reminiscenze di Alice in Chains e Pearl Jam in uno scontro frontale con un heavy rock radiofonico memore di certe armonie AOR, in anticipo su quanto faranno band come Alter Bridge, che, al contrario, saranno accolti con maggiore benevolenza critica.

"Feed The Machine" dei Nickelback ci stupirà?

Ci vorranno tre anni per ascoltare un loro nuovo album,  ma ormai la band ha trovato la dimensione congeniale e DARK HORSE rinnova la strada a doppia corsia tra i due estremi toccati, e ancora una volta la scelta del produttore sarà fondamentale: parliamo di Matt Lange, l’uomo di BACK IN BLACK e PYROMANIA, con Chad a divincolarsi tra sguaiati, laidi doppi sensi discretamente misogini e ballate a fior di pelle con enfasi da soundtrack. In pieno controllo di se stessi, nel 2011 tirano fuori HERE AND NOW, il loro album più  eclettico, tra echi power pop geneticamente modificato, disco-rock aggiornato al terzo millennio e l’immancabile dose di sarcasmo scollacciato figlio della t etralogia di American Pie. Come sempre accade, a una salita repentina segue una discesa degna di una montagna russa e nel 2014 NO FIXED ADDRESS,  decisamente stanco e ripetitivo nei brani proposti, si ferma ad appena 300.000 copie negli USA ed è ignorato quasi ovunque.

Tocca ora a FEED THE MACHINE far capire se si è trattato solo di una sbandata…

Leggi di più e la nostra intervista ai Nickelback nel nuovo numero di Classic Rock Italia #57! In edicola da fine luglio.

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Sapevi della band-meteora Prog di OZZY OSBOURNE? https://stonemusic.it/65638/sapevi-della-band-meteora-prog-di-ozzy-osbourne/ https://stonemusic.it/65638/sapevi-della-band-meteora-prog-di-ozzy-osbourne/#respond Sun, 24 Mar 2024 17:16:17 +0000 https://stonemusic.it/?p=65638 Un paio di anni prima di incontrare Randy Rhoads e pubblicare Blizzard Of Ozz, OZZY OSBOURNE cercò di lanciare una carriera da solista con un’altra band…

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La resurrezione di Ozzy Osbourne dopo essere stato licenziato dai Black Sabbath nel 1979 è una delle grandi storie di redenzione del rock'n'roll. Scoraggiato e in uno stato di ebbrezza permanente da alcol e cocaina, trascorse mesi rintanato in una stanza d'albergo a Los Angeles mentre cercava di capire se gli restava ancora una carriera.

Fu solo quando conobbe il chitarrista Randy Rhoads che Ozzy si rese conto che forse, dopo tutto, aveva un futuro. L'album registrato con il bassista e co-compositore Bob Daisley e il batterista Lee KerslakeBlizzard Of Ozz degli anni '80 , ha contribuito a tirare fuori il cantante dall'orlo dell'oblio e a trasformarlo in una delle più grandi rockstar del decennio successivo e oltre.

Quello però non era il primo tentativo di Ozzy di lanciarsi in una carriera da solista, e Randy Rhoads e soci non erano neanche le prime persone con cui ci aveva provato. Qualche anno prima, durante una precedente (temporanea) separazione dai Sabbath, aveva tentato di mettere insieme una band nuova di zecca utilizzando i membri di un gruppo sconosciuto un tempo gestito da Tony Iommi.

I Necromandus erano una band proto-metal blues originaria del Cumberland, nel nord-ovest dell'Inghilterra. Il loro batterista, Frank Hall, aveva visto per la prima volta il chitarrista dei Sabbath Tony Iommi e il batterista Bill Ward suonare con la loro band precedente, i Mythology, in un pub locale. Qualche tempo dopo, l'allora band di Hall, gli Heaven, supportò una band chiamata Earth in un pub locale chiamato The Tow Bar. Gli Earth presentavano i due ragazzi che Hall aveva visto dai Mythology con un nuovo bassista e cantante, Geezer Butler e Ozzy Osbourne.

"Ho incontrato John a un soundcheck", ha detto HallClassic Rock nel 2017, riferendosi a Ozzy con il suo nome di nascita. “Non aveva scarpe, sembrava poco sobrio. Ed era scortese. Maleducato e incazzato. Ma aveva presenza scenica. Non riuscivo a staccare gli occhi da lui, scuotendo la testa su e giù. Cantava con il dito premuto nell’orecchio."

Gli Earth successivamente cambiarono presto il loro nome in Black Sabbath, mentre Hall lasciò gli Heaven e formò i Necromandus con il cantante Bill Branch, il bassista Dennis McCarten e il chitarrista Barry 'Baz' Dunnery. La loro amicizia con i Sabbath ha giocato a loro favore quando Tony Iommi è salito a bordo come co-manager. Ma nemmeno questo riuscì ad aiutarli a sfondare: mentre registravano un album nel 1972, fu accantonato dopo che la band si sciolse nel 1973, quando Baz Dunnery se ne andò improvvisamente alla vigilia del tour americano di apertura dei Sabbath.

 
Di Dave Everley, Loudersound

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